Cos’è effettivamente un videogioco tripla-A: il budget è solo un aspetto

Ne parliamo molto spesso e li confrontiamo con le produzioni più piccole ma esattamente come ci si guadagna l’etichetta di videogioco tripla-A?

Che cos’è che decide se un videogioco deve avere una o più A nella sua etichetta? Quali sono i modi in cui sia il developer, sia il publisher, sia anche chi racconta i videogiochi come facciamo noi, sanno di avere di fronte un videogioco che può essere considerato di qualità superiore?

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Cos’è effettivamente un videogioco tripla-A: il budget è solo un aspetto – videogiochi.com

Siamo spesso portati a pensare infatti che i giochi tripla-A siano soltanto quelli che hanno un budget più grande a disposizione. In realtà, l’etichetta, come anche quelle dei giochi più piccoli, sono il frutto di una serie di elementi concomitanti.

Non c’è solo quindi il denaro speso o potenzialmente speso a decidere se un titolo deve avere una sola A, due A oppure averne tre (o magari quattro o cinque come qualcuno vocifera in alcuni casi). La situazione è più complessa e oggi cerchiamo di capirci qualcosa.

Che cosa c’è davvero dentro un videogioco tripla-A

Un po’ come succede con tanto della nostra vita di tutti i giorni, non abbiamo un modo per indicare con esattezza che cos’è un videogioco tripla-A, ma sappiamo che quando ne vediamo uno lo riconosciamo. Nel catalogo Sony, per esempio, sono da considerare tripla-A giochi come God of War, Horizon e The Last of Us.

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Che cosa c’è davvero dentro un videogioco tripla-A – videogiochi.com

Nel catalogo Microsoft abbiamo invece titoli come Gears, Halo e Fable. Poi ci sono tutti i titoli multipiattaforma che hanno questa etichetta. Un po’ come per i film è la distanza che passa tra il classico mega-film americano e l’opera indipendente girata con un paio di telefonini.

Ma come si suddividono in realtà i videogiochi? Ci vengono in aiuto Julie Belzanne insieme ad Antoine Mayerowitz con la loro newsletter. Secondo i due esperti, che mangiano numeri a colazione, pranzo e cena, ci sono in realtà tutta una serie di valori numerici che si possono utilizzare per dare etichette: tra questi il peso del gioco nel momento in cui viene installato e il numero delle persone che fanno parte dei credits.

Questi numeri permettono, secondo gli esperti, di categorizzare i giochi in quattro categorie distinte: i giochi tripla-A, i giochi doppia-A e poi i giochi midi e kei. Queste ultime due sono due categorie inventate dagli esperti che indicano rispettivamente i giochi indie in base alla misura.

Un gioco midi è per esempio Outer Wilds, mentre un gioco kei è Balatro. Nella newsletter ci sono poi diversi esempi di giochi che rientrano in ciascuna categoria. Per esempio, un gioco tripla-A è ovviamente Red Dead Redemption 2, mentre Clair Obscur è considerato doppia-A. Undertale è un gioco kei.

E nella lista dei titoli tripla-A, in realtà, ci sono meno giochi di quelli che si penserebbe. Secondo i criteri dei due esperti, per esempio, quest’anno finora abbiamo avuto solo due giochi che possiamo effettivamente considerare tripla-A: uno è chiaramente Assassin’s Creed Shadows e l’altro è Death Stranding 2.

Stranamente, Monster Hunter Wilds con i suoi 2.000 nomi nei credits e 75 GB di spazio occupato si trova proprio sulla cuspide tra la definizione di giochi doppia-A e giochi tripla-A.

Mentre invece la maggior parte di quelli che ci sono piaciuti di più, per esempio Kingdom Come: Deliverance 2, Split Fiction, di nuovo Clair Obscur, ma anche gli strampalati Yakuza pirati di RGG sono da considerare doppia-A. E anche il nuovo Borderlands 4, che con la sua misura ridotta, non può essere considerato un gioco tripla-A.

Gli unici titoli che sfuggono un po’ alla classificazione, neanche a farlo apposta, sono quelli di Nintendo. Tutti i titoli di punta di Nintendo, secondo i calcoli degli esperti, non rientrano nella categoria tripla-A ma a malapena sono titoli doppia-A.

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