Aesvi si pronuncia nuovamente sul tema "videogiochi violenti"

Negli ultimi mesi se ne è parlato molto in televisione, sui giornali, sulla Rete e sicuramente anche nelle case delle famiglie italiane. Il dibattito non è certo nato quest’anno ma negli ultimi tempi, alimentato dai media, ha preso sempre più piede nel nostro paese; si tratta della correlazione fra videogiochi violenti e comportamenti violenti, legame che a molti sembra ovvio ma che, in verità, non lo è affatto.

Le persone che più temono le influenze negative, spesso, sono lontane dal mondo videoludico. Frequentemente appartengono a generazioni cresciute con altri tipi di hobby ma anche, come ricorda Luca Tremolada in una sua apparizione a Uno Mattina in Famiglia, con uno strumento pesantemente accusato in passato di essere una cattiva influenza e ormai completamente accettato come parte della vita quotidiana: la televisione.

I tempi cambiano e come è giusto che sia cambiano gli svaghi, così come cambiano i capri espiatori.
In un recente articolo vi abbiamo riferito la diffusione di un importante comunicato da parte dell’AESVI (Associazione Editori Sviluppatori Videogiochi Italiani), che chiarisce la sua posizione sul tema. Nelle ultime ore Thalità Malagò, segretario generale, ha risposto ad alcune domande in un’intervista con ANSA.

Il colloquio si è concentrato su diversi aspetti, a partire dai provvedimenti richiesti da Ilaria Capua al Presidente del Consiglio Matteo Renzi. Thalita Malagò si è espressa piuttosto chiaramente a riguardo, mostrando una posizione ferma e, a nostro avviso, condivisibile: “Il tema di questa polemica è soprattutto quello di un’accettazione culturale: come fenomeno di massa iniziato 25 anni fa il videogame è un medium ancora giovane”.

thalita malagòMalagò ribadisce un aspetto già chiarito nel comunicato stampa, ossia l’errore di pensare ai videogame come giochi per bambini. Il segretario ricorda che l’età media dei 21 milioni di gamer italiani supera i 30 anni e che la classificazione PEGI esiste da più di 10 anni come indicazione sulle confezioni.
Secondo Malagò il primo filtro dovrebbero essere i genitori, con controlli sull’acquisto dei titoli e impostando un parental control sulle piattaforme utilizzate dai più giovani.

Il segretario esprime un certo scetticismo sulla possibilità di un intervento da parte del Governo e dichiara:”In qualche paese si attuano restrizioni, ma ormai con la distribuzione digitale si rischiano inefficacia e distorsione del mercato”. Inoltre il segretario nomina un interessante studio effettuato dallo Swedish Media Council, agenzia governativa svedese che si occupa delle influenze dei media. Lo studio si è svolto su 106 studenti, monitorati dal 2000 al 2011 in modo da comprendere in modo profondo le possibili correlazioni. I risultati sono notevoli e, secondo noi, non troppo stupefacenti: è emerso che il legame fra videogiochi e violenza non è affatto ovvio, ed è stato sottolineato come una persona predisposta all’aggressività preferisca sì videogiochi con contenuti violenti, ma secondo i risultati della ricerca il legame causale fra videogiochi e comportamenti aggressivi è privo di ogni fondamento.

Anche l’opinione di Thalita Malagò sulle accuse di sessismo offre spunti interessanti: la polemica è attuale anche in altri paesi del mondo ma, ad esempio in America, si concentra più sul disequilibrio fra la scelta di eroi maschili e sulla disparità nell’industria e nelle comunità di giocatori. Solo in Italia le accuse si concentrano sul dettaglio delle prostitute maltrattate in GTA V e, in ogni caso, nel mondo si stanno prendendo provvedimenti; come ricorda Malagò, in America le case indipendenti stanno fornendo un ottimo esempio di progresso anche in questo senso. Il segretario ricorda anche un altro dato importante, cioè che i gamer in Italia si dividono quasi equamente fra maschi e femmine (52% maschi e 48% femmine).

Malagò tocca infine un punto molto importante della questione: l’Italia sta crescendo molto negli ultimi tempi come presenza nell’industria – infatti l’AESVI è stata invitata alla Game Developers Conference di San Francisco per la prima volta quest’anno per rappresentare l’industria videoludica italiana – e demonizzare i videogiochi potrebbe interferire con questa crescita: “Più che occasione di polemiche il videogame potrebbe essere la frontiera di un nuovo Made in Italy: abbiamo oltre 100 studi guidati da giovani sviluppatori che vendono titoli in tutto il mondo. Creare un’atmosfera di sospetto sul videogame frena la crescita“.

Fonte: ANSA

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