Atelier Sophie – la recensione

Con l’avvento della serie Atelier sulla nuova generazione di console, i fan del sempre meno gettonato genere jRPG hanno a che fare con un sacco di novità per il franchise. Atelier Sophie rappresenta il primo capitolo multipiattaforma, distribuito fisicamente e digitalmente su PlayStation 4 e solo tramite digital delivery su PS Vita. Un titolo, quello di Gust, che diversamente dalla maggior parte dei giochi di ruolo non si concentra su villain con manie di protagonismo né su imprese eroiche per salvare il mondo, facendo emergere principalmente i piccoli problemi locali. Questo non significa che i giocatori non siano chiamati in causa per sconfiggere il male o che i cattivi di turno rinuncino ad azioni deplorevoli per raggiungere i propri obiettivi, semplicemente Atelier Sophie: The Alchemist of the Mysterious Book (questo il titolo completo del gioco) vira in altre direzioni.

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Il più grande cambiamento che Atelier Sophie presenta è il passaggio a un sistema di tempo che si avvicina molto più a Story of Seasons – esclusiva Nintendo 3DS uscita dalle nostre parti a dicembre – che a quello cui sono abituati i fan della serie. Il tempo è misurato in ore invece che in giorni e questo ha un grande impatto sul gameplay, dal momento che le ricette più semplici ne richiedono giusto una manciata per essere completate, mentre quelle più elaborate occupano gran parte della giornata. Ma facciamo un passo indietro per scoprire la storia di questa nuova avventura: la nostra protagonista questa volta è Sophie Neuenmuller, un’orfana che ha ereditato l’arte alchemica da sua nonna, figura celebre nella piccola città in cui si svolge principalmente il gioco, Kirhen Bell. Sophie vuole praticare l’alchimia di modo che possa seguire le orme della sua nonnina, benvoluta da tutti, e un giorno finisce per annotare l’idea per una ricetta su un vecchio libro che inizia a levitare e a parlare.

Se avete voglia di un gioco di ruolo rilassante, ambientato in un meraviglioso mondo colorato, allora siete sulla strada giusta.

Si presenta come “Plachta”, e più la ragazza le scrive sopra ricette, più riacquista i suoi ricordi perduti. La smemorata Plachta racconta a Sophie la leggenda di un calderone che può conferire una sorprendente conoscenza alchemica, ma l’amnesia non le permette di ricordare bene dettagli importanti sulla storia. Così comincia l’avventura di Sophie, decisa a prendere due piccioni con una fava: migliorare nell’alchimia e ripristinare la memoria di Plachta scrivendole sopra nuove ricette. Questo è quanto. Un plot, come avevamo accennato precedentemente, che non racconta un’impresa eroica in cui i giocatori devono salvare il mondo, ma dove hanno l’onere e l’onore di vestire i panni di una giovane alchimista di una piccola cittadina che desidera perfezionare la sua arte e aiutare una nuova amica.

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Visto che l’alchimia può trasformare una cosa in un’altra, ma non può far comparire le cose dal nulla, Sophie ha bisogno di avventurarsi al di fuori di Kirhen Bell per entrare in possesso di ingredienti che i negozianti della città non hanno. Come da tradizione, fuori le mura il mondo è tutt’altro che sicuro e i mostri vagano liberi. Fortunatamente, la giovinetta ha amici d’infanzia fidati che sono disposti a viaggiare con lei, dunque non ha nulla di che temere. I nemici variano a seconda della location, e così pure gli oggetti che possono essere raccolti; ma anche il tempo influisce sugli incontri. Come avevamo anticipato viene scandito da ore e da giorni (5 a settimana, 2 dei quali considerati weekend), caratterizzato anche dal ciclo giorno/notte. Ciò significa che certi oggetti possono essere trovati solo in un determinato momento della giornata o della settimana: per esempio, la ragazza che lavora part-time nel bar della cittadina ha il fine settimana libero, pertanto se avete bisogno di lei per qualcosa non vi resta che attendere la settimana lavorativa.

Atelier Sophie non presenta villain con manie di protagonismo né racconta imprese eroiche per salvare il mondo, a differenza di molti jRPG.

Un luogo che trovate sempre aperto in città, anche di notte, è proprio il bar. Lì il barista Horst funge anche da quest-giver, permettendo a Sophie di prendere parte a missioni secondarie che vanno dall’uccisione di determinati mostri al recupero di oggetti. Vende anche pettegolezzi nella sezione “rumors”, che a volte si rivelano semplici informazioni su un personaggio presente nel gioco, altre volte dettagli specifici su un luogo o un evento che innescano una un cambiamento temporaneo facendo comparire boss nascosti o ingredienti rari. Per imparare nuove ricette alchemiche in Atelier Sophie non servono i libri, come in alcuni capitoli precedenti della serie: la protagonista semplicemente pensa a una ricetta in risposta a un determinato evento (che potrebbe essere combattere un determinato nemico, visitare un certo luogo o “craftare” un oggetto con una specifica qualità) che le fornisce un lampo di intuizione. Anche il processo di alchimia è stato rivisto: a seconda del calderone si ha accesso a diverse griglie con cui lavorare, e il giocatore deve adattare gli ingredienti al suo interno come pezzi di Tetris per accumulare bonus. I diversi calderoni hanno effetti differenti sul processo di alchimia e ciò garantisce una buona varietà.

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Il sistema di combattimento è a turni, rimescola un po’ le carte ma si percepisce sempre come un titolo Atelier, perciò i fan della serie non devono temere nulla. Il party è composto da quattro membri: uno nella zona anteriore, due a metà fila e Sophie in quella posteriore. Si può scegliere di mantenere una posizione offensiva o difensiva a ogni fase di combattimento e una volta riempito l’indicatore in basso a sinistra (a suon di colpi inferti e incassati) si ha la possibilità di sfruttare azioni bonus a seconda della posizione assunta, come attacchi speciali o parate efficaci. Un battle system molto semplice, cui ci si abitua facilmente dal momento che non offre troppe sfaccettature.

Il tempo è misurato in ore invece che in giorni e questo ha un grande impatto sul gameplay.

Il punto debole di Atelier Sophie è probabilmente la storyline principale: una storia debole, che non riesce mai a catturare fino in fondo chi gioca. La stragrande maggioranza dei contenuti è nelle side-story dei personaggi, che Sophie deve aiutare nella piccola città di Kirhen Bell. C’è una storia principale che alla fine si snoda via via che i ricordi di Plachta tornano, ma è piuttosto noiosetta. Atelier Sophie ha inoltre un ritmo molto lento. Sebbene questi giochi richiedano spesso maratone di lunghe ore, è difficile riuscirci con Atelier Sophie. I giocatori che preferiscono una storia emozionante e veloce possono tranquillamente starne alla larga, ma se avete voglia di un gioco di ruolo rilassante, ambientato in un meraviglioso mondo colorato, allora siete sulla strada giusta. Graficamente il titolo non sfrutta a pieno la potenza della console di nuova generazione, l’hardware è più che altro utilizzato per rendere brevi i tempi di caricamento, ma nel complesso il nuovo Atelier è bello a vedersi. Come ogni jRPG che si rispetti la longevità è ottima: per portare a termine la storia principale ci vogliono almeno 25 ore, ma se avete intenzione di completarlo al 100% si arriva a 50-60 ore. Nel complesso, Atelier Sophie è un’ottima aggiunta alla serie e un punto di partenza ideale per chiunque fosse interessato ad avvicinarvisi, ma è consigliato in particolar modo ai giocatori già appassionati del genere – o comunque a chi già conosce i punti di forza e quelli deboli dei jRPG.

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