Batman: Arkham Knight – la recensione

Da Arkham Asylum a oggi, l’acqua che è passata sotto ai proverbiali ponti è stata tanta. Rocksteady ha attraversato due generazioni, tra alti e bassi, ma quel primo capitolo della sua ora trilogia (come sappiamo i giochi su Batman sotto etichetta Warner Bros. sono quattro, ma il terzo – Origins – non è stato fatto da Rocksteady) dà ancora oggi lezioni di action-adventure. Chi vi scrive fa subito “coming out”: Asylum è da considerarsi ancora la pietra miliare dello sviluppatore alle armi di Warner Bros. Interactive, il bilanciamento perfetto tra storia, esplorazione e gameplay che mai più è tornato. E con questo non voglio assolutamente inquadrare City come esperimento mal riuscito, badate. Semplicemente, la magia del primo non è stata replicata.
Nonostante un’introduzione d’effetto, dove giocheremo in prima persona agghiaccianti momenti del voluminoso script di Batman: Arkham Knight, i primi momenti sanno di vero déjà-vu. A tratti, quasi un reboot di Arkham City.
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Batman: Arkham Knight chiude con grande maestria la saga seminale di Rocksteady.

Per fortuna, c’è un nuovo protagonista in città, e scivola come pattini su quattro ruote: la Batmobile. A metà strada tra le linee del Cavaliere Oscuro e il carattere del secondo film di Tim Burton, il mezzo di locomozione dell’Uomo Pipistrello riesce da solo a stravolgere le fondamenta del gameplay. Tiriamo un sospiro di sollievo, nonostante rampino e mantello spesso finiscano per tornare alla ribalta prepotentemente. Tra una corsa per disattivare la bomba di turno e una scazzottata con le gang di Arkham City per liberare sgomenti ostaggi, ci soffermiamo sulle pure finezze tecniche. No, non lo direste mai che quello davanti ai vostri occhi è – udite, udite – il veterano e barbuto Unreal Engine 3.

La minaccia dello Spaventapasseri, inquietante quanto il suo omonimo e originario fratello su carta stampata, risulta davvero ben articolata e ricca di continui colpi di scena.

Nonostante arranchi col bastone, l’engine di Epic ha subito una plastica totale di quelle degne di Hollywood, tra spettacolari effetti di luce, particellari e atmosferici. Sì, la piovosa Arkham City è sempre più bella, e grazie alle nuove console, persino tre volte più estesa che in passato. La mappa di gioco e la quantità di missioni secondarie è impressionante e capace di aumentare il counter delle ore di gioco oltre le bat-soglie del passato, sebbene sappiate subito che la sola trama principale vi rapirà per ben 15 ore fitte di gioco, se non rientrate nella fascia dei patiti della speed-run.
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E fare le cose di fretta, in Arkham Knight, sarebbe la scelta più sbagliata. La minaccia dello Spaventapasseri, inquietante quanto il suo omonimo e originario fratello su carta stampata, risulta davvero ben articolata e ricca di continui colpi di scena. E ben presto la tela narrativa si estenderà a un vero e proprio tag-team delle nemesi del Pipistrello: Pinguino, Harley Queen, Due Facce e il misterioso Arkham Knight del titolo (creato appositamente per il gioco da uno sceneggiatore di DC Comics). Tornando alla pura componente “beat’em up” (in soldoni: pugni, calci e testate), ancora una volta è di scena il free flow system, più fluido e preciso rispetto al passato.

L’engine di Epic ha subito una plastica totale di quelle degne di Hollywood, tra spettacolari effetti di luce, particellari e atmosferici.

Avremo sempre a che fare con gruppi numerosi di nemici e il sistema di combattimento ci costringe a un certo tempismo nel portare a termine le combo, con varietà di approcci e di gadget a disposizione, inclusa la Batmobile teleguidata che interverrà a distanza per coprirci le spalle. Inoltre, con la modalità “terrore”, potremo stendere fino a tre nemici attraverso un’azione in slow motion. E lo stealth, direte voi? Beh, troverà anche lui il suo spazio, ma soltanto nelle fasi avanzate della storia, quando il gioco si farà duro, insomma: potremo stordire i nemici da dietro le spalle, coglierli di sorpresa al di là di un muro o di una vetrata, oppure irrompere dall’alto travolgendoli. Il tutto aumentando i punti di terrore per dare seguito e folgoranti combo.
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Ma più in là con la storia farà capolino anche l’inedita modalità dual play, ristretta però a delle specifiche sezioni, che consentirà con la pressione di un pulsante di passare al comando di un secondo personaggio (Robin, Nightwing o Catwoman) continuando a combattere senza interrompere il counter delle combo.
Merita una menzione speciale anche il doppiaggio italiano, capeggiato dal sempreverde Marco Balzarotti (storica voce del personaggio sin dalla leggendaria serie animata degli anni ’90), che innalza notevolmente la localizzazione nel nostro idioma. Un aspetto che con il tempo, anche qui nello Stivale, sta cominciando a essere preso in considerazione con l’importanza che merita. Soprattutto ai fini di esperienze narrative potenti ed emotive come quelle che vivrete sotto la pioggia di Gotham City.
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Tirando le somme, Batman: Arkham Knight chiude con grande maestria la saga seminale di Rocksteady. Non colpisce come Asylum, e non stupisce come Arkham City… ma sotto vari punti di vista perfeziona l’esperienza narrativa e interattiva dell’intera saga. Se siete fan dell’uomo duro con la maschera da pipistrello, planate subito nei negozi; se siete “semplici” gamer, dategli in ogni caso una possibilità: potrebbe stupirvi tanto da farvi recuperare albi in fumetteria e film di Nolan. Accendete il bat-segnale, gente: è tempo di rompere le ossa alla peggiore feccia di questa città.

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