ChatGPT 5 rischia di destabilizzare quel poco che resta di questa industria e anche se qualcuno pare sadicamente contento i pericoli sono tutti davanti ai nostri occhi.
Se provate a fare un giro sui social, magari anche solo su quello che una volta era dell’uccellino azzurro, incapperete un post dopo l’altro in diversi utenti tutti entusiasti all’idea di poter dare vita finalmente ai loro sogni più sfrenati di creativi incompresi utilizzando l’intelligenza artificiale.

Perché disegnare è difficile, scrivere è complicato, fare riprese convincenti un incubo. E anche perché tutti quelli che sanno disegnare, che sanno scrivere, che sanno inquadrare qualcosa e fare una ripresa, tengono stretti al petto i loro segreti.
Nella lista di quelli che non vogliono che la creatività si sparga, tocca inserire anche i developer di videogiochi. A quanto pare, almeno. L’ultimo modello di OpenAI, ChatGPT 5, sembra infatti in grado di creare videogiochi veri e propri in pochi click e con l’ormai consolidata tecnica dei prompt.
Prima di entusiasmarvi, però, pensate per un momento a che cosa potrebbe significare in realtà. E prima di entusiasmarvi, fate anche un respiro profondo.
ChatGPT 5 può fare i videogiochi al posto vostro, ma è un incubo
Quelli che sono contenti che ora esistono strumenti che permettono loro di esprimersi a un livello creativo altissimo senza aver dovuto faticare per arrivare a quel livello altissimo (scambiando il piacere del processo creativo con un prodotto) sono convinti che il futuro sia inevitabilmente legato all’implementazione dell’intelligenza artificiale, come strumento della produzione anche di tutto ciò che è intrattenimento e creatività.

Provando a mettere da parte il fatto che siamo di fronte a delle macchine che non pensano, che non sono creative, che soprattutto non possono assolutamente uscire dal piccolo riquadro dei dati su cui sono state addestrate e che quel piccolo riquadro di dati è stato rubato (perché non si può usare un altro termine), l’entusiasmo ci pare decisamente fuori luogo.
E per un motivo fondamentale. Perché nel momento in cui chiunque può fare qualcosa, quella stessa cosa non è più unica, non è più creativa, non è più particolare. E soprattutto nel momento in cui ci si convince di avere uno strumento capace di creare qualcosa che altrove costa milioni e porta via anni, entra in ballo tutta una sovrastruttura di guadagno facile. E la gente finisce a spasso. ma a voi che siete entusiasti, del resto non importa sei uno, due, mille, character designer o sound designer perdono il posto, giusto?
Quello che ChatGPT 5 sembra in grado di fare può stupire, e magari dovremmo realmente essere tutti a bocca aperta, ma è come guardare il fiore meraviglioso della Dionaea muscipula, la cosiddetta venere acchiappamosche, che mostra il suo fiore invitante alle mosche per poi consumarle. In questa situazione le mosche siamo noi.
Un altro aspetto, a cui abbiamo accennato prima, è la non creatività dei modelli. A un certo punto, inondati come saremo di prodotti a basso costo, magari anche gratuiti, fatti tutti con l’intelligenza artificiale, ci renderemo conto che quando ci lamentavamo che i giochi costruiti con Unreal Engine 5 sembravano tutti uguali in realtà non lo erano.
Perché provate a immaginare che cosa succederebbe se i veri team di sviluppo smettessero di lavorare. L’intelligenza artificiale comincerebbe a nutrirsi di se stessa e ci troveremo, come in quelle comunità montane sperdute in cui sono tutti parenti, con una crescente produzione tutta uguale e sempre più qualitativamente infima.
Se volete avvicinarvi e vedere com’è il mondo che provano a propinarci società come OpenAI e tutte le altre, fate quello che ha fatto Ulisse con le sirene: fatevi legare e ascoltate quello che volete ma tenetevi saldi nella realtà.
Seppure succederà che tanti compiti in tanti ambiti verranno affidati a strumenti di intelligenza artificiale, ricordatevi che il tocco della creatività umana va al di là di qualunque zero e di qualunque uno. E non vi serve una slot machine per disegnare, scrivere e fare videogiochi.





