Divinity: Original Sin – Enhanced Edition – la recensione

L’originale Divinity: Original Sin, nato su PC, era riuscito a imporsi con grande fermezza nel genere RPG, nonostante le sue radici indie. La profondità di Divinity, la sua narrazione complessa e le sue robuste meccaniche tanto old school tanto potenti, lo rendevano un titolo in grado di superare Dragon Age: Inquisition (ormai molto povero sul piano ruolistico) e di avvicinarsi a quella corazzata che risponde al nome di The Witcher 3: Wild Hunt.
Si potrebbe obiettare che tanta complessità appartiene al regno del PC, e certo è stato alto il nostro timore di trovarci di fronte a un porting console realizzato in fretta e furia. Fortunatamente, siamo lieti di constatare, il passaggio è avvenuto in maniera pressoché indolore. Passiamo quindi a elencare quali sono le migliorie apportate in questa Enhanced Edition.
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Sul piano narrativo non riscontriamo novità significative, e dovrete “accontentarvi” della magistrale scrittura, della superba atmosfera e di quei tocchi di humour che tanto fanno Ultima di Lord British. Per chi volesse lanciarsi di nuovo in un viaggio a Rivellon, tuttavia, si segnala un nuovo finale nonché la presenza di nuovi PNG e quest giver che assicurano svariate ore aggiuntive di gameplay. Sempre sul fronte dello storytelling è doveroso far notare che i dialoghi sono stati tutti doppiati, un lavoro sicuramente monumentale considerata la mole di testo presente all’interno del gioco, ma che rende finalmente giustizia a una scrittura tra le migliori che si siano viste in un GDR negli ultimi anni.

Il doppiaggio dei dialoghi rende giustizia a una scrittura tra le migliori che si siano viste in un GDR negli ultimi anni

Per quanto riguarda l’interfaccia, passare da PC a console è semplice e intuitivo. I menu e le scritte sono grandi e leggibili anche se non avete il monitor a pochi centimetri dalla faccia. Similmente, anche la mappatura del pad è stata riorganizzata con perizia, attraverso l’introduzione di due menu radiali, che potranno essere attivati tramite i trigger del joypad; il trigger sinistro vi permetterà di selezionare un personaggio del vostro party, mentre il trigger destro servirà ad accedere a funzionalità quali il quest log e l’inventario. Nonostante sia tutto ben ottimizzato, è sicuramente un sistema che richiederà un po’ di tempo per essere padroneggiato a fondo, e d’altronde Divinity: Original Sin rimane un titolo non adatto a chi si lascia spaventare dai menu, soprattutto quando questi tengono ad accavallarsi uno sopra l’altro. D’altro canto, il porting merita di sedersi a fianco di The Witcher 3: Wild Hunt per quanto riguarda la trasposizione di meccaniche PC a un ambiente console. Sempre parlando dei comandi, il personaggio si controlla con l’analogico sinistro, con il destro gestirete invece la visuale, mentre con L3 evidenzierete tutti gli oggetti presenti nella scena (il che può tornare molto utile considerata la soverchiante quantità di dettagli inserita da Larian nel suo gioco). Con analoga semplicità i tasti dorsali ricoprono un ruolo cruciale nelle battaglie a turni, mentre su PlayStation 4 basterà sfiorare il touchpad per accedere alla mappa.
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La difficoltà è ancora una volta scalabile, e questo vuol dire che potrete scegliere tra un settaggio facile, utile per chi vuole godersi la storia e basta e impostazioni più avanzate che vi metteranno contro nemici davvero impegnativi. I ragazzi di Larian, inoltre, si sono studiati le tattiche dei giocatori per creare dei nuovi mostri in grado di aggirarle. Simpatici, non c’è che dire, ma questo significa che anche per chi ha già spolpato l’edizione base c’è comunque una discreta dose di nuovi cimenti.

I ragazzi di Larian si sono studiati le tattiche dei giocatori per creare dei nuovi mostri in grado di aggirarle.

Visivamente il gioco corrisponde alla versione originale PC settata ai livelli massimi, contribuendo a rendere decisamente gradevole un’art direction tipicamente occidentale, volutamente più funzionale che esuberante. Il tutto scorre liscio come l’olio mantenendo i 30 FPS al secondo, sebbene si sia riscontrato qualche calo di framerate nelle situazioni più concitate.
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Ci siamo tenuti per ultima quella che è una delle caratteristiche che rendono questa Enhanced Edition così notevole: stiamo parlando del multiplayer co-op a due giocatori in locale, tramite schermo condiviso (salvo passare allo split screen quando i due giocatori si muoveranno in aree diverse). Inutile dire che in un’epoca in cui l’online (comunque presente) la fa da padrone, tornare alle care, vecchie partite in due davanti al televisore è emozionante. Divinity: Original Sin sembra essere nato per essere fruito in questa maniera, che vi riporterà con la mente ai tempi di Gauntlet.  
Se giocate un titolo come Divinity: Original Sin si presuppone che nutriate uno sconfinato amore per il gioco di ruolo vecchia maniera, e quello stesso amore è stato infuso da Larian Studios per confezionare una Enhanced Edition degna di questo nome. Se giochi come Planescape: Torment hanno segnato la vostra infanzia, Divinity: Original Sin è lì che vi aspetta, in trepidante attesa di essere scelto. Ed essere amato incondizionatamente.

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