[Gamescom 2014] Elite: Dangerous – Intervista a David Braben

Nato dalla geniale mente di David Braben, leggenda del game design, Elite: Dangerous riprende uno dei più ambiziosi classici della storia del gaming, e lo rivisita in chiave moderna. Durante la gamescom di Colonia abbiamo parlato proprio con lui, il fondatore del Team Frontier, che ci ha raccontato come intende aprire la nuova era della colonizzazione spaziale.

  • Come introdurresti il nuovo Elite alle persone che non conoscono il gioco originale?

Penso che molte persone abbiano giocato il titolo originale, ma allo stesso tempo è fantastico lavorare con i teenager che non lo conoscono. I giovani lo adorano, perché è qualcosa di molto fresco, che permette loro di andare dove vogliono ed essere tutto quello che desiderano: un pirata, un assassino, o un eroico difensore dei deboli. Non tutti amano essere costretti a combattere tra loro. Inoltre, i giocatori entreranno a far parte di un mondo persistente dove potranno costruire la propria reputazione. Le persone lo amano, noi lo amiamo: stiamo costruendo il gioco dei nostri sogni. Abbiamo avuto 75.000 backer, che oggi giocano la beta online, e siamo molto fiduciosi che il nostro network diventerà un fenomeno vastissimo. Pensiamo che possa funzionare con tutti i tipi di persona (magari, in primo luogo, con chi si è stufato dei soliti FPS), perché i giocatori avranno a che fare con meccaniche molto ricche e coinvolgenti. Alla base, il gioco è rimasto lo stesso: avete una piccola astronave, con pochi soldi, e dovete costruirvi il vostro cammino. Potete farlo come volete: magari vendendo oggetti, costruendoli, aiutando altre persone, prendendo parte a missioni con altri giocatori o diventando dei mercenari. Le opzioni sono innumerevoli.
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  • Puoi dirci come è iniziato il progetto e perché alla fine hai deciso di finanziare il gioco in questo modo?

Abbiamo sempre voluto lavorarci. Questo è il gioco che ho voluto creare per tantissimo tempo. Ma i publisher sono molto cauti, troppo attenti ai rischi, vogliono fare giochi che sono sicuri di vendere… ma per molto tempo non c’è stato un bel gioco spaziale. Poi è arrivato Kickstarter, e grazie al crowdfuding, siamo riusciti a trovare persone disposte a spendere, a patto che creassimo il gioco. È stato meraviglioso e abbiamo trovato un’infinità di supporter. Grazie a Kickstarter, abbiamo potuto iniziare lo sviluppo del gioco (anche se abbiamo messo anche noi dei soldi nel progetto), questo ci ha dato la possibilità di sviluppare tutto secondo i nostri criteri. Siamo finiti sotto le luci della ribalta, grazie a piattaforme come Twitch e YouTube, sui quali sono stati sviluppati centinaia di contenuti legati al nostro gioco. Anche membri del nostro studio, Frontier, hanno voluto finanziare il progetto di tasca loro. La gente vuole che questo titolo sia realizzato, e per noi è fantastico. Questa è la cosa più grandiosa: qualcosa è cambiato, stiamo facendo un gioco per noi stessi, e per chi sta credendo in noi.
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  • È una storia grandiosa, mostra che le persone amano Elite e questo tipo di giochi. Non pensi però, allo stesso tempo, che questa sia una cosa triste per la game industry? Sembra che si investa sempre negli stessi giochi triti e ritriti.

In realtà, è solo una questione corporativa. Credo che la game industry sia una delle industrie più splendide che esistono. Nell’industria cinematografica tutti sembrano odiarsi, mentre nella game industry parliamo tutti genuinamente. I publisher si preoccupano del mercato, tutto qui: guardano in un’unica direzione, vogliono avere una garanzia, per fidarsi e metterci i fondi. Uno dei più grandi problemi è che chi prende le decisioni non è a sua volta un giocatore. Quindi si basa semplicemente sulle statistiche e sui risultati, magari guardando ad altri giochi che hanno avuto successo, e così vengono creati nuovi Call of Duty, nuovi Battlefield, che hanno tutto il mio rispetto, ovviamente. Per fortuna ci sono anche progetti nuovi che vengono realizzati, come Destiny o Titanfall, che è molto interessante.

  • Con le nuove tecnologie, cosa è stato possibile realizzare in Elite: Dangerous che, ai tempi del capitolo originale, era solo nei tuoi sogni?

Ci sono così tante cose, il multiplayer è una di queste: creare MMO che supporta potenzialmente milioni di giocatori, con 400 miliardi di sistemi stellari, una galassia immensa, un’infinità di sistemi che potete visitare ed esplorare… Potete raggiungere realmente ogni puntino che vedete nel cielo notturno. Abbiamo modellato ogni singolo centimetro della volta celeste, potete ammirarla con il telescopio. È tutto vero. Al di là di questo, possiamo generare proceduralmente dei punti (secondo regole scientifiche), andando a comporre quei 400 miliardi di sistemi stellari di cui ti parlavo. Adoro l’idea che sia tutto così concreto: che i giocatori possano andare in questi posti, ammirare l’infinità del cielo da ognuno di questi sistemi, vedere il sole e le costellazioni. Ed è reale, è documentato… è persino possibile dare un nome alle costellazioni, nel gioco. Penso che la cosa più impressionante sia il senso di realismo. Lo spazio è gigantesco e bellissimo.
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  • Parliamo del team. Quanto è grande? Dove è situato e da quanto state lavorando a Elite: Dangerous?

Approssimativamente si parla di 100 persone, la nostra sede è a Cambridge, nel Regno Unito. Abbiamo costruito il nostro team gradualmente. Prima di Kickstarter eravamo un piccolo circolo di persone, poi, dopo la campagna, abbiamo cominciato ad aumentare il numero di membri, e quando siamo andati a lanciare l’alpha, il nostro team era al completo. Durante l’alpha siamo stati in grado di risolvere le mancanze riscontrate una per una. Quando si lavora con un publisher si ha una serie di elementi da inserire, come se fosse una lista della spesa, e questo danneggia il processo di sviluppo. Noi, al contrario, siamo riusciti a svilupparlo nel modo che volevamo. E la struttura è molto efficiente. Lavorare sotto lo sguardo del pubblico ha un effetto molto positivo, anche se all’inizio avevamo un po’ di paura, perché era come avere 50.000 supervisori!

  • Grazie a Kickstarter i publisher stanno imparando qualcosa dai developer?

Penso di sì, quello che succede è un cambio degli equilibri. Tutto si riconduce comunque al contenuto: essenzialmente, il problema prima era che il mercato era esclusivamente retail, quindi bisognava per forza passare attraverso un publisher, mentre l’online apre una nuova schiera di opportunità. Adesso possiamo raggiungere direttamente le persone che giocano. Reagiamo direttamente al modo in cui giocano. Quindi mettiamo le cose che il nostro pubblico vuole. È per questo motivo che la gente ama così tanto Oculus Rift o TrickIR. È grandioso, è divertente, e non richiede di possedere cose come le televisioni 4K.
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  • Cosa pensi delle nuove tecnologie per la realtà virtuale, come Oculus Rift, che hai appena citato, o il tentativo di Sony, Project Morpheus? La vedi come la vera next-gen?

Sì e no. La vedo come una fantastica novità… voglio dire, è la nuova generazione del videogioco? No, è una diversa opzione. Un modo diverso di vivere l’interattività, molto immersivo. È interessante, anche se non lo userei necessariamente tutto il tempo per giocare a Elite: Dangerous, perché magari voglio chiacchierare con qualcun altro nella stanza, ma sicuramente è un’esperienza bellissima e coinvolgente, e voglio avere anche questa opzione. È un po’ come il discorso dei controller, ora ci sono dei sistemi haptic davvero entusiasmanti, e anche questa è un’opzione molto immersiva. Ma quando viaggio con il mio laptop ho bisogno del mio controller Xbox. Il punto è: dobbiamo soddisfare tutto quello che le persone vogliono, in maniera molto efficiente. Devo dire che il team di Oculus VR ha comunque fatto un lavoro fenomenale.

  • Quindi per te è un’opzione, ma molto forte. E state mettendo molto impegno nella versione VR di Elite: Dangerous?

Penso che valga lo stesso discorso che vale per altre piattaforme. È un po’ come il fatto che supportiamo i monitor ad alta risoluzione. Li supportiamo perché sono grandiosi. Penso inoltre che ci saranno tantissimi device VR in arrivo, e che Oculus Rift sarà semplicemente uno dei primi. Vedremo altri concorrenti in arrivo.
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  • Quando intendi lanciare il gioco completo?

Nel quarto trimestre di quest’anno.

  • Siamo vicini!

È vero, ma il nostro gioco è già grandioso e il framework è pronto. Non dimentichiamo che siamo solo all’inizio della beta, ma stiamo inserendo sempre nuove missioni, l’esperienza diventa sempre più ricca. E anche una volta che avremo lanciato il gioco aggiungeremo nuovi contenuti, come la possibilità di scendere dalla propria nave, atterrare, e la struttura continuerà a crescere.

  • Considerate le proporzioni del progetto, si tratta di un titolo hardcore o è anche gestibile anche dai novizi?

Entrambe le cose, perché potrete decidere quanto lo volete rendere hardcore. Abbiamo diversi livelli strategici, per esempio quando siete attaccati potete decidere di usare il sistema automatico di difesa, ma otterrete una ricompensa minore, oppure potrete decidere di prendere in mano la situazione ed essere voi a sparare, ottenendo ricompense più alte. Potete scegliere, essere voi a bilanciare. In Frontier abbiamo questo concetto, di portare le persone in dimensioni che non avrebbero mai immaginato. E naturalmente ci saranno dei posti pericolosi, ma starà a voi decidere se andarci o meno.

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