How to Survive: Third Person Standalone – la recensione

How to Survive, nonostante la sua buona dose di difetti, era un titolo degno di rispetto. Pur andando a collocarsi in un filone inflazionato come quello degli zombie, riusciva a dire la sua in maniera originale, proponendo un gameplay basato sulla sopravvivenza molto profondo e impegnativo. Dopo essere uscito su PC e console, il gioco torna in versione stand alone, con un’aggiunta che cambia completamente le carte. Stiamo parlando dell’introduzione della visuale in terza persona: già, perché il gioco nella sua incarnazione originale offriva una visuale isometrica dall’alto. Ora, con la terza persona, le cose si fanno più impegnative. Il motivo è semplice da intuire: in isometria si poteva avere una consapevolezza del territorio molto più ampia, tanto che era possibile prevedere l’arrivo dei nemici o visualizzare in maniera evidente tutte le risorse presenti sul territorio, in modo tale da non perderne nemmeno una. In terza persona, invece, la profondità di campo è molto più ridotta, preparatevi perciò a spaventarvi con maggiore facilità, con le improvvise apparizioni dei non morti.
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La tensione di How to Survive è sempre palpabile, e questo perché il gioco fa di tutto per mettervi in una costante condizione di precarietà.

È incredibile quanto un solo cambio di telecamera possa influenzare tutto il design del gioco… Allo stesso tempo, data la natura della visuale, ora il combattimento sembra essere più improntato agli scontri ravvicinati, mentre si riscontrano dei problemi per quanto riguarda le armi dalla lunga distanza, la cui gestione è molto diversa dall’originale. Un sistema più preciso forse sarebbe stato più indicato, anche se allo stesso tempo bisogna ammettere che sarebbe entrato in contrasto con la natura survival dell’esperienza.

In generale, l’aspetto visivo lascia a desiderare, e la visuale più ravvicinata non fa che rendere le mancanze ancora più evidenti.

La premessa di base, tuttavia, è rimasta invariata: il gioco si apre con la scelta del personaggio principale, che potrà essere Ken (per i meno esperti), il lottatore di wrestling Jack o le agili Abby e Nina. Vi trovate all’interno di un’isola, dove un’epidemia misteriosa ha trasformato quasi tutti gli abitanti in zombie. L’esperienza non si apre certo mettendovi in una situazione di vantaggio, anzi, l’idea è proprio che partiate il più svantaggiati possibile, per poi rispondere alla minaccia non-morta dopo esservi equipaggiati per bene grazie al crafting. La tensione di How to Survive è sempre palpabile, e questo perché il gioco fa di tutto per mettervi in una costante condizione di precarietà. Per fortuna non sarete soli in questa sventura, perché nell’isola troverete le pagine di un manuale per sopravvivere agli zombi scritte dal misteriosamente ambiguo Kovac.
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Le guide di Kovac vi spiegheranno quindi tutto quello che c’è da sapere sul crafting, alla base dell’economia del gioco, nonché uno dei suoi principali punti di forza. La vostra unica ancora di salvezza sarà infatti la possibilità di raccogliere delle materie prime, con cui potrete costruire armi di complessità crescente, mentre dovrete anche fare attenzione a nutrirvi, pescando e cacciando. Il crafting e l’elaborazione dei materiali rappresentano del resto una delle principali attrattive del titolo, anche perché è ben calibrato: non aspettatevi di diventare dei novelli Rambo in pochi minuti dall’inizio del gioco, perché reperire risorse è difficile, e prima di arrivare ad armi più potenti dovrete il più delle volte cavarvela con quelli che sono poco più di mezzi di fortuna.

In terza persona, invece, la profondità di campo è molto più ridotta, preparatevi perciò a spaventarvi con maggiore facilità, con le improvvise apparizioni dei non morti.

Il passaggio dall’isometria alla terza persona mostra il fianco a delle critiche: se con la visuale dall’alto infatti era abbastanza naturale l’assenza del salto, in terza persona questa si rivela fortemente anacronistica, soprattutto quando si verificheranno situazioni paradossali, come essere costretti ad aggirare un ostacolo che, normalmente, si potrebbe scavalcare con gran facilità. È chiaro che il gioco non è stato ricostruito da zero per la nuova visuale: ce ne accorgiamo di fronte alle animazioni, molto poco dettagliate, e lo stesso discorso può essere applicato alle collisioni, davvero troppo stilizzate. In generale, l’aspetto visivo lascia a desiderare, e la visuale più ravvicinata non fa che rendere le mancanze ancora più evidenti.
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In definitiva, How to Survive: Third Person Stand Alone riesce a dare una nuova prospettiva all’originale. La “conversione” non è perfetta, anzi, è poco rifinita nei dettagli, tuttavia il gameplay di base era e rimane solido, e la sua natura ben si presta alla nuova visuale. A questo, aggiungiamo i nuovi contenuti, come un free roaming dotato di permadeath, nonché la presenza di tutti i DLC finora usciti, e quello che otteniamo è un pacchetto che mette tanta carne al fuoco. Da provare, soprattutto se siete neofiti della serie.

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