Come stiamo messi? I videogiochi sopravviveranno agli aumenti di prezzo, ai licenziamenti, ai gusti apparentemente impossibili? Lo abbiamo chiesto a chi di mestiere aiuta i team di sviluppo.
Guardare all’industria dei videogiochi dalla prospettiva di chi i giochi li consuma è sempre piuttosto facile. Frigniamo e scalciamo quando le cose non piacciono, osanniamo e festeggiamo quando (raramente secondo alcuni pessimisti) tutto è al posto giusto.

Guardare però all’industria da altre prospettive è importante, anche se a volte non così facile. Per questo siamo molto contenti di avere avuto l’occasione di scambiare qualche chiacchiera con Christian Fonnesbech, CEO e direttore dello IP development dentro Leverage Partnership, che si occupa di aiutare studi di sviluppo e publisher a costruire IP e franchise che restino impressi.
Se avete avuto negli ultimi anni un gioco che vi è piaciuto, probabilmente dietro le quinte c’è stato anche il contributo di Leverage Partnership.
A Christian abbiamo deciso di porre alcune domande guardando proprio all’industria dalla parte di chi i giochi deve farli e anche dalla parte dei giocatori.
I videogiochi devono essere molto più che il loro gameplay
Come sempre, abbiamo iniziato la nostra intervista chiedendo a Christian di descrivere il suo ruolo e cosa fa Leverage Partnership:
(CF) “Sono CEO e direttore dello IP development. Aiutiamo studi e publisher a costruire IP e franchise duraturi. La maggior parte dei team di sviluppo è molto abile nel costruire tecnologie e gameplay grandiosi.

Ma quando si tratta di costruire un universo o un franchise che abbia personaggi che rimangono impressi, esperienze emotive, worldbuilding e brand design, spesso si trovano di fronte a una sfida. Ed è qui che entriamo in scena noi per aiutare.
L’industria dei videogiochi si è costruita su tecnologie e gameplay, ma sempre più spesso non è il gameplay che permette a un gioco di risaltare come esperienza: è il viaggio emotivo che viene offerto al di là del gameplay. Questo significa personaggi che sono più che semplicemente “fichi”, viaggi emotivi che restano impressi e un worldbuilding che spicca.
Per molti, si tratta di un nuovo ambito in cui competere e che richiede un nuovo tipo di conoscenza. Diventiamo partner di studi e publisher per assicurarci che il contenuto emotivo del gioco risalti, coinvolga e venga fatto proprio dal giocatore: in breve, che il gioco abbia il potenziale di diventare un franchise duraturo all’interno del mercato.”
Hai lavorato nell’industria dei videogiochi per diversi anni, ricoprendo diversi ruoli. La domanda allora è: dove stiamo andando come industria? Dopo la pandemia tutto sembra stare crollando. Pensi che sia una fase fisiologica di riassestamento o c’è qualcosa di diverso stavolta?
(CF) “Decisamente stiamo vedendo un aggiustamento o una correzione, ma penso che ci siano diverse cose che si stanno verificando allo stesso tempo.
Una è ovviamente il fatto che troppi progetti sono stati avviati durante la pandemia da coronavirus. Quando la pandemia è finita, i soldi per gli investimenti sono stati tolti e il risultato sono stati anni di progetti cancellati, licenziamenti di massa e così via.
Non è piacevole per nessuno. In più c’è il naturale ciclo di investimento che ha degli alti e bassi. Quando il ciclo ha un basso, i licenziamenti sono normali, anche se sembra che stavolta la situazione sia più severa. La terza cosa è l’avvento dell’intelligenza artificiale.
Siamo un’industria completamente digitale e c’è un acceso dibattito sull’impatto potenziale. A livello creativo, credo che il potenziale sia straordinario: immaginate le tipologie di mondi che possiamo costruire con personaggi IA e oltre! Ma l’impatto nel suo complesso, a livello creativo e di posti di lavoro, deve essere ancora calcolato…”
Il tuo lavoro è aiutare gli sviluppatori a creare IP forti e a dare forma ai loro mondi, ai loro brand, facendo così li aiuti a sopravvivere. Quindi quali sono, secondo te, i pericoli maggiori che un team di sviluppo deve affrontare in questa industria per il modo in cui si sta configurando adesso? E quali sono gli errori che vedi più spesso?
(CF) “Molti studi (soprattutto gli indie) non pensano abbastanza alle sfide a lungo termine che vengono dal tenere uno studio aperto al di là del lancio del loro prossimo gioco.
Costruire videogiochi è tremendamente complicato ed è facile lasciarsi prendere completamente dal creare un singolo gioco che sia una hit.
Ma il problema è che quella hit sparirà di nuovo e, se vuoi tenere il tuo team insieme, costruire una sostenibilità economica e vivere facendo videogiochi, allora avere un singolo prodotto di successo non è abbastanza: hai bisogno di una proprietà intellettuale di intrattenimento duratura, con cui puoi fare più giochi e che possa con costanza costruire una fanbase, che possa costruire valore nel corso del tempo nel mercato e che possa potenzialmente passare anche ad altri media. In parole povere, c’è bisogno di una IP.”
Cosa viene prima: il brand o la IP?
(CF) “Il gameplay e la IP decisamente sono quello che viene prima. È un errore pensare che il brand sia qualcosa di separato da poi appiccicare su un’esperienza di gioco per venderla. Non è questo ciò che dovrebbe essere un brand.
Un brand dovrebbe comunicare l’esperienza che il giocatore sta per ottenere e dovrebbe posizionarla nel mercato. Più di tutto, un brand è una promessa: c’è bisogno che prometta quello che l’esperienza di gioco sarà. Se non lo fa con impatto e onestà si finisce nei guai.”
Cosa rende una IP buona e cosa crea un buon brand? Come si crea qualcosa di memorabile? Puoi farci qualche esempio?
(CF) “Memorabile significa avere sperimentato delle emozioni che vuoi sperimentare di nuovo. I grandi franchise sono costruiti sull’idea che i fan vogliano percepire quelle emozioni ancora e comprino ancora con questa stessa speranza.
Per come lo vediamo noi, la IP è in parte quel segmento di esperienza che si può possedere (i personaggi e gli altri asset) e in parte sono le emozioni associate a quegli asset. Il brand è come si comunica tutto questo al mercato. Sia le IP sia i brand devono risaltare come unici e degni di nota, ma devono anche essere allo stesso tempo emotivi e distintivi.
Guardando agli AAA, IP come Hitman, God of War e Bloodborne si fanno davvero notare; i personaggi sono abbastanza unici da essere distintivi e le emozioni associate con ciascuno di loro sono sia specifiche sia memorabili. I titoli indie per tradizione non sono andati molto in questa direzione, ma esempi come Hades e Hollow Knight mostrano che è qualcosa che si può fare.”
Qual è l’errore più grande che si può fare quando si sviluppa una nuova IP?
(CF) “Mettere lo stesso nome su esperienze del tutto diverse. Franchise e IP lavorano sulla familiarità: stai comprando la stessa esperienza emotiva un’altra volta.
Questa è una sfida nello spazio degli Indie dove il pubblico spesso vuole qualcosa di diverso ogni volta (ma non troppo diverso).”
Come si gestiscono in modo da ottenere successo visione artistica, creatività e aspetto finanziario dello sviluppo dei videogiochi?
(CF) “Questa è la domanda della vita. Non posso parlare per il resto dello processo di sviluppo dei videogiochi, ma quando si parla di IP, abbiamo visto che spesso questo si ottiene sfidando il team a raccontare il viaggio emotivo che vogliono creare.
Gli sviluppatori di videogiochi sottovalutano quanto sia importante essere capaci di “raccontare” il viaggio emotivo che il giocatore avrà, da un capo del gioco all’altro.
Non importa se è un’esperienza a mondo aperto, sandbox o lineare; se vuoi che una IP sia duratura e spicchi deve esserci un viaggio emotivo che coinvolga il giocatore e che lo emozioni.
Una volta che si riesce a presentare in maniera efficace questo viaggio (e se deve essere triste il pitch deve farti piangere), allora puoi cominciare a suddividere il lavoro per vedere come portare in vita quel viaggio emotivo.
Ora la reazione immediata nel sentire un pitch emotivo spesso è “sarà troppo costoso produrlo!” Ma in realtà quando si parla di costruire le emozioni, va bene anche un semplice testo sullo schermo che può essere emozionante come l’esperienza cinematica più costosa, se è ben scritto e ben presentato.
È tutta questione di come le emozioni sono costruite e di come portano alla conclusione. Tenendo questo presente, gestire la visione artistica e gli aspetti finanziari diventa una questione di articolazione e iterazione: puoi articolare quello che vuoi raggiungere? E puoi lavorare sul modo in cui lo farai fino a quando non rientra nell’ambito e nel budget del progetto?”
Innovazione da Oriente ma non solo!
Guardando ai giochi che vengono adesso presentati e quelli in arrivo, sembra che stiamo vedendo molti nuovi capitoli in mondi molto famosi dai team occidentali mentre i team dell’Estremo Oriente stanno creando giochi nuovi, ben costruiti e divertenti, celebrando allo stesso tempo la loro cultura e la loro tradizione. Pensi che ci siano troppi che puntano sul sicuro in Occidente e che la vera innovazione arrivi da questi nuovi team di sviluppo?

(CF) “Concordo sul fatto che ci sia molta innovazione che arriva da Oriente. I mondi che vengono creati lì arrivano da tradizioni culturali diverse e per noi occidentali decisamente sembrano nuovi e freschi. Penso che siamo decisamente pronti per provare qualcosa di nuovo in Occidente.
Ma d’altro canto, io e i miei colleghi stiamo lavorando con oltre 100 nuovi team di sviluppo tra Germania e Canada sullo sviluppo delle loro IP e posso assicurarvi che c’è moltissima innovazione in arrivo anche da Occidente.”
Parlando dei giochi che vengono da Oriente, che spesso si basano su favole e personaggi storici, come fa un team di sviluppo a gestire i diritti per qualcosa che non è potenzialmente protetto da copyright sia dal punto di vista creativo sia da quello legale?
(CF) “Non si può possedere qualcosa che si trova nel pubblico dominio, come per esempio una favola, ma puoi possedere i design specifici e le parole che costruiscono la tua interpretazione di quella favola. Quindi se si sviluppa un personaggio unico e gli si dà un viaggio emotivo e coinvolgente attraverso una favola esistente (nel pubblico dominio), possiedi comunque quel personaggio, il che significa che “possiedi” le emozioni associate a quel personaggio.”
E adesso, dato che abbiamo menzionato il copyright, parliamo dell’elefante nella stanza per gli sviluppatori: l’intelligenza artificiale. I team che chiedono il vostro aiuto la utilizzano? Date consigli specifici a riguardo? Qual è la tua opinione? Pensi che possa essere un rischio per il brand utilizzare l’intelligenza artificiale? Come pensi che un pubblico potenziale potrebbe reagire?
(CF) “A essere onesti, penso che l’intelligenza artificiale sia pressoché inevitabile. Un grande pericolo è che le IA sono così brave a costruire i pitch che a volte i team di sviluppo pensano che basti quel pitch. Ma essere capaci di raccontare un’esperienza emotiva non è la stessa cosa che essere capaci di produrre quella stessa esperienza emotiva in un modo che sia coinvolgente e che provochi emozioni nel giocatore.
Costruire emozioni nel corso di 10-100 ore di gameplay è decisamente diverso rispetto a un minuto di pitch. A volte ci viene chiesto di controllare se i team possono effettivamente produrre quello che raccontano nei loro pitch e non ci vuole molto per capire se il team sa come fare o se hanno solo utilizzato l’intelligenza artificiale per costruire un pitch che in realtà loro stessi neanche capiscono.
Le IA sono anche brave nel fare prototyping e questo funziona anche con il brand design. Ma ci sono dei limiti. Un limite è che non possiedi quello che viene generato dall’intelligenza artificiale, non può essere protetto da copyright. Un altro aspetto è che il pubblico spesso capisce subito se qualcosa è generato dall’intelligenza artificiale. Dà la sensazione di essere poco costoso e “fake”. E non vuoi che questo sia il tuo brand.”
Come i giocatori guardano ai giochi che giocano?
Ora che abbiamo introdotto il tema del pubblico, i giocatori, vorremmo chiederti domande personali: sei un gamer? Hai un gioco preferito? Giochi? Giochi con i titoli che aiuti a sviluppare quando escono?
(CF) “Posso rispondere sì a tutte le domande. Il mio titolo preferito di tutti i tempi è Bloodborne.

Dato che hai tirato in ballo Bloodborne, vorremmo la tua opinione su un argomento: perché Sony non spinge né sta lavorando su un remake?
(CF) Questa è una domanda importante per tutti noi che siamo fan dell’originale. Ci sono diverse teorie a riguardo. Secondo me il direttore creativo Hidetaka Miyazaki adora Bloodborne ma Elden Ring e gli altri progetti lo hanno tenuto così impegnato che semplicemente non ha avuto il tempo di dare a Bloodborne 2 l’attenzione che merita per renderlo grande. Ma un giorno… teniamo le dita incrociate.”
L’ultima domanda di nuovo riguarda il pubblico. Guardando a quello che sta accadendo, con denaro investito e tempo speso per giochi che alla fine vengono cancellati o non incontrano mai i loro giocatori, il pubblico sembra a volte essere quello con cui dobbiamo prendercela perché è incoerente e non vuole dare ai nuovi giochi una chance (soprattutto nello spazio del multiplayer). Secondo te i gamer sono diversi adesso rispetto al passato? È davvero colpa loro se continuano a giocare con gli stessi giochi ancora e ancora? E come fate tu e il tuo team ad aiutare nel gestire il potenziale target audience?
(CF) “Penso che sia assolutamente giusto che i giocatori continuino a scegliere quello che funziona per loro. Ma i Forever Games sono ancora un fenomeno piuttosto nuovo e non penso che ci sia un modo semplice per gestirli. Fumito Ueda (director di The Last Guardian e di altri capolavori) di recente ha detto “l’era del gameplay è finita”. Io concordo.
A meno che non hai inventato una categoria di gameplay totalmente nuova (guardiamoci in faccia, probabilmente nessuno lo ha fatto), quello che devi fare è spiccare a livello emotivo nel mercato. Questo significa creare un viaggio emotivo che i giocatori possano sperimentare solo all’interno del tuo gioco e della tua IP.
Il modo per gestire tutto questo è al centro del consiglio che diamo sempre: gli sviluppatori devono sviluppare una IP e una brand vision il prima possibile.
Non è sufficiente fare il prototipo del gameplay e sperare che le emozioni per magia emergano; hai bisogno di avere una visione chiara e che possa essere messa alla prova per la tua IP, le emozioni che vuoi creare e il modo in cui il brand si posiziona nel mercato. In breve: c’è bisogno di sviluppare la IP come parte del gioco con un’intenzione.”
Grazie per averci concesso questa intervista, Chris!





