Una cosa che non dovrebbe accadere è vedere nella stessa frase “creatività” e “IA” o “videogiochi” e “IA”. Perché questa novità strabiliante è appena arrivata e io non ne posso già più.
A volte si ha la sensazione di di essere diventati improvvisamente come i vecchietti che guardano i cantieri e che, siccome 50 anni fa le cose si facevano in maniera diversa, stanno lì, mani dietro la schiena, a urlare agli operai in bilico sui ponteggi come dovrebbero lavorare.

Ma se questi operai anziché utilizzare strumenti davvero efficienti cominciano a costruire le loro palazzine con cemento scadente e ferro arrugginito non ha forse anche il vecchietto il compito di urlare contro quello che vede come un pericolo?
Questa è la sensazione che provo quando, soprattutto con i giochi in uscita o appena usciti, salta fuori che nel corso della produzione è stata utilizzata l’intelligenza artificiale generativa.
C’è tanta confusione su che cosa significa strumenti di intelligenza artificiale e la confusione non aiuta. Soprattutto non aiuta i giocatori a scegliere in maniera informata. Qui si parla di quelle cose immonde spesso con tre occhi, sei dita e zero creatività.
Il fatto che un team di sviluppo abbia usato questa scorciatoia, che ormai sappiamo essere ampiamente frutto di un furto di proprietà intellettuale altrui, rovina il gioco. Per quello che mi riguarda è già successo due volte e anche se potreste pensare che in fondo non è granché, perché alla fine i giochi erano buoni, il retrogusto amaro che lasciano è qualcosa che non se ne va.
Videogiochi e IA non dovrebbero incontrarsi mai
Ultimamente si è parlato parecchio del fatto che Arc Raiders utilizza voci sintetiche, costruite attraverso un’intelligenza artificiale, basate sul lavoro di alcuni doppiatori che sono stati pagati proprio per produrre le frasi di base anziché essere chiamati per creare tutto il vociare tipico di questi giochi.

I developer hanno chiarito che per loro non è un problema e hanno sottolineato che anzi andando avanti continueranno su questa strada.
Prima però di Arc Raiders c’è stato quel momento triste, almeno se lo chiedete a me, di quando abbiamo scoperto che anche i developer del bellissimo Expedition 33 e dell’altrettanto bellissimo The Alters, hanno utilizzato elementi generati.
Elementi generati dei quali non hanno parlato con i giocatori fino a quando non sono stati pizzicati. Ed ecco che è salita in fondo alla gola quella sensazione di sottile presa in giro. Non tanto (o non solo) per il fatto che un team di sviluppo che è riuscito a produrre un videogioco meraviglioso si è dovuto appoggiare a strumenti che ledono i diritti di altri creativi, quanto per il fatto di non essere stati onesti fin da subito.
Ed è per questo che personalmente l’idea che ci debbano essere delle etichette con delle linee guida precise per applicare queste etichette non è da scartare ma da richiedere come obbligo.
Perché, e questo è un pensiero che a quanto pare non attraversa solo la mia di testa, i soldi sono i miei e voglio essere messa nelle condizioni di decidere a chi darli.
E il fatto di aver giocato a delle esperienze meravigliose salvo poi scoprire, come si dice in questi casi, come è fatta la salsiccia ha del tutto rovinato l’esperienza. Ma non solo l’esperienza del gioco o dei giochi in questione in maniera retroattiva. Perché, parliamoci chiaro, chi si fiderà più?
E allora forse ha ragione il capo di Epic Games quando dice che le etichette riguardo l’intelligenza artificiale non saranno più utili.
Probabilmente invece di mettere un’etichetta per quei giochi che hanno utilizzato a vario titolo l’intelligenza artificiale generativa sarà il caso di mettere un’etichetta con cui il developer dichiara, sotto la propria totale responsabilità, che invece non è stato utilizzato nessun mezzo di intelligenza artificiale generativa e che quello che si vede e quello che viene offerto a giocatori e giocatrici è frutto solo di esseri umani.
Un po’ come la differenza che passa tra quando si compra qualcosa in una boutique artigianale, in cui è possibile addirittura parlare con chi ha cucito quello che si compra, e i negozi dove tutto è fatto in catena di montaggio con quattro tagli e una macchina da cucire.
A dimostrare che questa è una strada possibile c’è per esempio Pluribus, la nuova serie fantascientifica di Apple in cui è stato aggiunto il disclaimer che appunto non era stata utilizzata intelligenza artificiale generativa.
Di nuovo, non è questione di essere retrò o di non capire che il futuro è già arrivato e che quindi se non si usa l’intelligenza artificiale generativa si rimane indietro. È questione di onestà.
E poi, permettete una domanda cattiva: se l’utilizzo dell’intelligenza artificiale non è niente di che, perché non dirlo? Mentire per omissione e poi cercare di parare la situazione è comunque mentire.





