Politica e videogiochi, ancora una volta c’è delusione. Arriva una decisione ufficiale del Governo che sicuramente non ha fatto piacere leggere.
Il mondo dei videogiochi soffre di uno stranissimo paradosso. Da una parte parliamo di un’industria enorme, titanica, gigantesca, che addirittura è riuscita ad assumere dimensioni tale da muovere più soldi delle mercato musicale e cinematografico combinati. Si parla quindi di un’industria d’eccellenza, che ha un peso specifico gigantesco.
Non è un caso se Microsoft ha pagato Activision-Blizzard quasi 69 miliardi di dollari causando il caos tra accuse di monopolio e tribunali internazionali. E non è un caso se ora un gruppo di investitori molto importanti, tra cui il PIF dell’Arabia Saudita, abbiano messo 55 miliardi di dollari sul piatto per acquistare EA. E’ un mercato titanico e dal potenziale infinito.
Eppure non sempre i legislatori ne comprendono pienamente le dinamiche, i meccanismi e i contenuti, anzi. E mentre c’è qualcuno che ancora oggi, nel 2025, si limita ad attaccare il gaming e definirlo come la fonte di ogni male, come un modo pericoloso per perdere tempo e plagiare le giovani menti, la maggioranza semplicemente si stringe nelle spalle senza capire esattamente la situazione. E oggi abbiamo avuto un’altra triste conferma.
Come vi abbiamo riportato più volte in queste settimane, c’è stato un importante cambiamento per l’industria dei videogiochi, che ha causato parecchio rumore e tanto malcontento tra i videogiocatori di tutto il pianeta. Nello specifico a causa di decisioni non proprio a favore del consumatore che sono state prese da due grosse piattaforme di distribuzione dei videogiochi.
Stiamo parlando di Itch.io e Steam, che hanno modificato le loro regole relative ai contenuti per adulti nei videogiochi. Ciò ha portato a una serie di rimozioni e cancellazioni, oltre che a preoccupazioni relative alla censura.
Questi store hanno fatto riferimento alle pressioni esercitate dalle società di carte di credito che elaborano i loro acquisti, mentre il gruppo di protesta australiano Collective Shout si è attribuito il merito di aver spinto tali società di elaborazione ad agire contro i giochi troppo spinti, secondo la loro visione del mondo.
In Inghilterra una petizione dei giocatori ha chiesto l’intervento del governo sulla questione ma non è andata proprio benissimo, anzi.
“Le decisioni relative alle aziende con cui i gestori dei pagamenti stipulano contratti sono una questione commerciale, che tiene conto dei requisiti pertinenti dell’azienda”, si legge nella dichiarazione del Ministero del Tesoro britannico.
“Il governo non ha intenzione di intervenire in tali decisioni commerciali”. Ancora una volta tutti se ne lavano le mani insomma, e il malcontento sfocia online.