Prey – la recensione

La luce viene riflessa dalla Luna vicina a Talos I, penetrando nell’enorme e dismesso atrio della stazione spaziale e illuminandone i suoi ampi spazi a malapena. Il chiarore che riesce a entrare si contrappone all’oscura presenza aliena predatrice, i Typhon, rischiarando debolmente i volti dei cadaveri dei membri dell’equipaggio, contratti in un’espressione di autentico terrore. Eppure doveva essere un giorno come tanti altri, quello strano lunedì.

Un giorno in cui noi, Morgan Yu, saremmo entrati finalmente a far parte della grande famiglia Transtar, rendendo felice nostro fratello Alex e orgogliosi i nostri genitori. La sveglia, la tuta, l’elicottero. L’esperimento. Una gabbia dorata andata in frantumi come il vetro che ci illudeva di essere al sicuro da qualche parte nel mondo.

Che ci illudeva di essere qualcun altro o, peggio, qualcosa d’altro. In frantumi come le nostre certezze, che noi, Morgan Yu,forse causa di quel disastro o forse no, dovremo cercare di rimetterein luce, nel corso delle nostre vicissitudini nella fatiscente stazione spaziale, alla ricerca di una realtà in cui giusto o sbagliato, verità o bugia, sfumano perdendosi nell’oscurità delle nostre scelte. Benvenuto su Talos I, Morgan Yu. Benvenuti in Prey.

Prey è il nuovo gioco d’azione e avventura in prima persona e sviluppato dai talentuosi ragazzi di Arkane Studios, autori della fortunata serie di Dishonored, nel quale vestiamo i panni di Morgan Yu, scienziato di spicco (o scienziata, visto che possiamo giocare la nostra avventura con l’alternativa femminile del nostro protagonista) della Transtar, l’azienda privata proprietaria della stazione spaziale Talos I di cui facciamo parte anche come membri direttivi.

Assieme a noi troviamo pure nostro fratello Alex, che vuole a tutti i costi proseguire i suoi studi sui Typhon per fare in modo che gli esseri umani possano utilizzare quanto di buono, in termini di caratteristiche, ha da offrire la razza aliena. Ma non tutto va per il verso giusto.

Durante i test, infatti, succede qualcosa: i Typhon riescono a liberarsi e noi giocatori, nei panni di Morgan Yu, dobbiamo affrontare il nostro percorso nell’avventura ricercando in primo luogo la verità dietro l’incidente e, ultimo ma non per questo di minore importanza, saremo chiamati a decidere le sorti della ricerca sui Typhon e il destino della stazione Talos I.

A complicare ulteriormente le cose per Morgan nelle sue vicissitudini, ci si mette anche la totale assenza di ricordi precedenti al giorno del test, che fa prendere il via a Prey nel più classici dei medias res, scuotendo subito le certezze del giocatore e mettendolo di fronte all’emblematica illusione di essere in un posto diverso da quello in cui si immaginava di essere all’inizio.

Questo senso di straniamento iniziale viene mitigato dall’intervento di January, un misterioso membro dell’equipaggio della Transtar, che ci spiegherà i motivi di quel disordine e, qualora decidessimo di fidarci di lui, ci offrirà anche la sua drastica via d’uscita.

Starà a noi persuaderci del fatto che la soluzione di January possa effettivamente essere quella giusta da mettere in atto e la cosa, ve lo assicuriamo, sarà tutt’altro che scontata. In Prey, difatti, Arkane Studios ha creato un complesso dedalo di scelte morali, alcune decisamente brutali, intessendole nella gargantuesca narrativa horror-fantascientifica che hanno confezionato per il titolo, dando al giocatore gli strumenti principali per operare secondo la sua morale personale.

Quest’ultima viene costruita grazie al preziosissimo lavoro di story telling dei ragazzi di Arkane Studios, che ha gremito la trama di Prey di bivi, missioni secondarie, personaggi e situazioni che ti portano a effettuare scelte non sempre a cuor leggero. Come da tradizione, infatti, l’intreccio e la sua peculiare modalità narrativa risultano essere un’esperienza di primaria importanza nei giochi Arkane, e Prey non è certo da meno.

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Buona parte di questo merito va dato anche a Chris Avellone, storico autore di videogiochi conosciuto, tra gli altri, per il capolavoro Planescape: Tormet, che si è occupato di rafforzare la lore dietro del gioco di Arkane. Per quanto quest’ultimo possa aver trattato temi forse secondari, l’insieme della trama che muove gli avvenimenti di Prey, oltre ad avere il grande pregio di rapire immediatamente il giocatore nella sua tela, fa capire in maniera netta e decisa il grado di cura dei dettagli con cui è stata confezionata e, soprattutto, l’importanza che ricopre all’interno del titolo sviluppato da Arkane Studios.

Ma Prey non è solo trama, narrazione, bivi o scelte morali. Prey ha parecchia sostanza anche sotto il profilo del gameplay. Il titolo di Arkane Studios pesca a piene mani da alcuni classici del genere action-adventure in prima persona, cercando di amalgamare gli elementi migliori di titoli come Bioshock, Half Life o lo stesso Dishonored, non solo sul piano della giocabilità nuda e cruda, ma anche prendendo spunto dall’arte presente nei titoli appena citati.

Non è un caso, infatti, che spesso si abbia l’impressione di girare per i corridoi di Rapture, piuttosto che di Talos I. La cosa non dispiace affatto e anzi, è un gradito ritorno alle atmosfere di videogiochi dal grado di epicità decisamente elevato, immancabilmente rimasti nel cuore di molti appassionati. Anche il gameplay, nelle basi del genere cui appartiene, non si discosta molto da quello già visto nei titoli sopra citati.

La vera differenza si vede nell’utilizzo dei vari poteri Typhon, che si acquisiscono grazie alla spendita dei Neuromod, che rappresentano nient’altro che i punti abilità con cui, per l’appunto, andare a sbloccare le varie caratteristiche sopite di Morgan.

Questi Neuromod, rappresentati da pistole munite di aghi che perforano l’occhio per andare a colpire direttamente il cervello del nostro protagonista, sbloccano sia le abilità umane, disponibili da subito all’inizio della nostra avventura, sia quelle aliene, che si guadagnano tramite uno strumento che troveremo andando avanti, dal nome Psicoscopio, con cui andremo a studiare i Typhon mediante scansione.

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In questo ramo di sviluppo del personaggio, gli sviluppatori si sono abbastanza sbizzarriti, permettendo l’acquisizione di abilità aliene tipiche dei vari nemici che incontreremo nel gioco. Ad esempio i Mimic, che sono i primi alieni che incontreremo, hanno il potere di assumere la forma di un oggetto nelle loro vicinanze. Scansionandoli, sveleremo l’abilità nell’albero relativo anche per Morgan e, qualora decidessimo di investirci dei Neuromod per sbloccarla, potremo usufruire di questa interessante abilità.

Il discorso vale anche per gli altri nemici che incontreremo, come gli Spettri, i Tessitori, i Telepati e via dicendo. Tutti quanti, una volta scansionati, rivelano una porzione di albero delle abilità Typhon, aprendo le porte a nuove soluzioni di gameplay per consentire al giocatore di affrontare l’avventura nel modo che preferisce.

È importante segnalare che i Neuromod non sono dei punti che si acquisiscono completando le missioni o salendo di livello, come nel caso di un qualsiasi gioco di ruolo, bensì sono degli oggetti veri e propri che potremo trovare sparsi nelle stanze della stazione spaziale Talos I, oppure che potremo creare da noi, qualora soddisfacessimo determinate condizioni. La gradita introduzione del crafting in Prey rappresenta una meccanica di cruciale importanza, perché l’immensa stazione di Talos I offre per lo più oggetti di uso comune che, una volta raccolti, possono essere riciclati all’interno di un macchinariopreposto.

Terminato il processo, questi stessi materiali riciclati potranno essere utilizzati per craftare l’oggetto corrispondente, a patto di avere il relativo progetto che ci dice quanti, e quali, elementi serviranno. Questa interessante aggiunta ha un paio di risvolti positivi. Il primo è senza dubbio il beneficio indiretto che apporta all’esplorazione, che viene incentivata dalla possibilità di recuperare oggetti da riciclare per poter craftare, ad esempio, proiettili e armi, il cannone Gloo, utile sia come arma per bloccare i Typhon, sia come oggetto adatto a realizzare vie alternative per il raggiungimento di una determinata zona e, addirittura, i preziosissimi Neuromod.

Il secondo aspetto, non meno importante, è il far godere appieno il giocatore dell’ottimo level design che offre il titolo di Arkane Studios. Forse, gli unici nei che ha Prey, risiedono nelle sue fasi di shooting. Le armi a disposizione non sono moltissime e risultano spesso calibrate in maniera ambigua.

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Il risultato di questa scelta di design è quello di portare il giocatore a trovare il modo di eludere gli scontri a fuoco non necessari. Chiaramente, non è nulla di particolarmente eclatante, ma è sicuramente un contro che penalizza la qualità generale di Prey.

Tecnicamente parlando, Prey è mosso dal CryEngine e per quanto i ragazzi di Arkane Studios abbiano fatto tesoro dei problemi al lancio di Dishonored 2 su PC proponendo un prodotto certamente più ottimizzato, il titolo mostra ugualmente il fianco ad alcuni difetti. In tutta sincerità, visti i precedenti, la piattaforma della nostra prova (ovvero PC) e il motore di gioco utilizzato, ci saremmo aspettati qualcosina in più, soprattutto sotto il profilo delle texture, e una maggiore rifinitura nei modelli dei personaggi, soprattutto quelli secondari.

Anche le opzioni grafiche presenti, settate alla massima qualità, non stupiscono più di tanto, restituendo un feeling grafico più da console che non da PC vero e proprio. Discorso diverso per il comparto artistico, ovvero la summa degli aspetti tecnici audio visivi del titolo che, viceversa, si attesta su un livello decisamente alto, presentando un mondo di gioco stilisticamente coerente e intrigante, accompagnato da una colonna sonora sempre puntuale ed evocativa.

In conclusione, Prey ci ha colpito in maniera decisamente positiva. L’ultimo lavoro di Arkane Studios porta in dote una storia narrata magistralmente, che si dipana grazie ai suoi bivi, alle sue scelte e alle sue sotto trame, davvero ben architettate dagli storyteller degli studios e impreziositi maggiormente dal lavoro effettuato da un mostro sacro come Chris Avellone. Resta il rammarico per le fasi di shooting non eccezionali e il comparto tecnico a volte singhiozzante, anche su PC. Per il resto, non troviamo veramente altri motivi per cui non dobbiate giocare a Prey.

Pro

  • Narrazione superba e sotto trame ben sviluppate
  • Longevo
  • Scelte morali argute
  • La fusione di più gameplay è divertente e intrattiene a dovere

Con

  • Comparto tecnico singhiozzante sotto alcuni aspetti
  • Fasi di shooting non eccezionali

Voto
9

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