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Saints Row: Gat Out of Hell – la recensione

Quante volte un videogioco vi ha fatto ridere? Tranquilli, ve la do io la risposta: quasi mai. Si fa presto a bollare Saints Row come un gioco semplicemente volgare e senza senso, ma sarebbe davvero superficiale fermarsi alle apparenze. Io ci vedo di più: ci vedo una critica sfrontata e irriverente a una game industry che si prende dannatamente troppo sul serio.
Dopo aver finito l’ottimo Saints Row IV, e l’altrettanto ottimo Enter the Dominatrix, era quindi normale per me volerne ancora.
Certo, ragazzi, viene da chiedersi: quale direzione può essere ormai intrapresa da Saints Row? Parliamo di una serie dove praticamente è successo tutto l’immaginabile, e anche l’inimmaginabile. Diamine, siete diventati il presidente, avete combattuto una razza aliena… Cosa manca ancora? Ma ovviamente l’Inferno. Questa volta interpreterete lo sboccato gangster Johnny Gat, che ha il compito di salvare dagli inferi il protagonista dei giochi precedenti (ora diventato Presidente, eh già), disceso per sposare il demone Jezebel.

In un’industria come quella dei videogiochi, castigata e timorosa, è decisamente sorprendente vedere qualcuno che non ha paura di prendere in giro e prendersi in giro.

Si tratta, ovviamente, di una scusa per aumentare ancora di più il fattore assurdità, anche se si riscontra una certa, inevitabile continuità con Saints Row IV. More of the same? Non scherziamo, per carità, perché i ragazzi di Volition hanno un concetto tutto loro di espansione. Eh sì, perché questa volta sarete capaci di volare, invocare demoni e sparare raggi energetici. Se c’è qualcosa in cui Saints Row riesce bene è farvi sentire ridicolmente potenti, e c’è da dire che pochi giochi riescono a restituire un simile senso di sguaiata onnipotenza.

Anche se è più limitato nei contenuti, questo non vuol dire che il plot non sia scoppiettante e mordace come solo Volition sa fare.

Siamo chiari, non si tratta di uno stravolgimento rispetto al gioco originale, m va bene così, perché le nuove introduzioni offrono una prospettiva nuova e più che folle che mai sul gameplay. L’Inferno, tanto per cominciare, è una nuova ambientazione dalle dimensioni più che ragguardevoli. Questa volta avrete a disposizione gli scagnozzi di Satana, che hanno vari avamposti sparsi attraverso la città; il vostro scopo sarà catturarli per ottenere delle ricompense. Al posto delle frodi assicurative, ora dovrete cercare di essere colpiti dalle auto per eliminare anni dalla vostra condanna all’inferno.

Il setting tira fuori il meglio di sé dai creatori di Saints Row, e mi ha ricordato in più di un momento il volgarissimo Facciamola finita di Seth Rogen, in un travolgente mix di blasfemia e assurdità. Se proprio volessimo cercare il pelo nell’uovo, rispetto al gioco originale la natura open world incide sullo storytelling. Anche se è più limitato nei contenuti, questo non vuol dire che il plot non sia scoppiettante e mordace come solo Volition sa fare. Trovandosi all’Inferno, il gioco è diventato un’occasione per tirare in mezzo i personaggi più disparati, come Shakespeare, Barbanera, Vlad l’impalatore. Perché? Per lo stesso motivo per cui è stata inserita una brillante scena musical… semplicemente perché è divertente. E a volte non bisognerebbe chiedere molto di più da un videogioco. Naturalmente, non si tratterebbe di un episodio di Saints Row senza i suoi dialoghi taglienti, sopra le righe e assolutamente non politically correct. In un’industria come quella dei videogiochi, castigata e timorosa, è decisamente sorprendente vedere qualcuno che non ha paura di prendere in giro e prendersi in giro.

Trovandosi all’Inferno, il gioco è diventato un’occasione per tirare in mezzo i personaggi più disparati, come Shakespeare, Barbanera, Vlad l’impalatore.

Volition gioca con i più abusati cliché del videogioco, distorcendoli a suo piacimento, combattendo la banalità a cui siamo troppo spesso abituati. Un esempio perfetto sono le armi, basate sui Sette Peccati Capitali: innanzitutto, saranno loro a trovare voi, e non viceversa, non appena compierete il peccato di cui portano il nome. Vi basti sapere che una delle armi parlerà con voi e riderà sommessamente… tutto normale, per Saints Row.
I personaggi rompono di continuo la quarta parete, andando persino a prendersela con lo stesso gioco di cui fanno parte: a un certo punto, Johnny si interrogherà sul perché della presenza di missioni filler slegate dalla storyline. Certo, sarebbe meglio se non ci fossero state, ma quanti giochi fanno la stessa cosa e cercano di passarla sotto silenzio? Mi sento, se non altro, di apprezzare il coraggio.

Mi ha ricordato in più di un momento il volgarissimo Facciamola finita di Seth Rogen, in un travolgente mix di blasfemia e assurdità.

In mezzo a tanti DLC ed espansioni che sono solo banali scuse per racimolare del denaro, è rassicurante vedere che ci sono ancora sviluppatori che amano la loro community di fan e vogliono ancora creare contenuti di qualità. E se la qualità passa per il pecoreccio mondo dei Saints… ben venga.

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