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Swatting: tredicenne si dichiara colpevole di diversi episodi

Torniamo a parlare dello swatting, pratica tristemente sempre più diffusa in Nord America che, in breve, prevede segnalazioni fasulle alle forze dell’ordine, in modo da seminare il caos nella vita altrui.

Lo swatting può essere molto pericoloso, spesso le segnalazioni sono molto gravi (ad esempio richieste di riscatto per ostaggi e omicidi) e di frequente comportano (da qui il nome) l’intervento delle squadre speciali SWAT. Il danno non è solo psicologico per le vittime, ma anche economico e logistico per quanto riguarda la gestione delle risorse. Una squadra di agenti addestrati dovrebbe essere una risorsa speciale da utilizzare in casi di bisogno e non certo un gioco… ma non tutti sono convinti di questo.

L’ultimo caso di cui vediamo a conoscenza vede come protagonista un ragazzino molto giovane, poco più che bambino, di 13 anni. Residente in California, il giovanissimo ha fatto swatting per ben tre volte: la prima vittima è stata un professore, poi è toccato a un compagno di classe e, infine, a un giocatore avversario su Minecraft.

Sembra inoltre che il ragazzo abbia anche swattato – poco intelligentemente – se stesso, dichiarando di avere 10 ostaggi in casa e di volere 30mila dollari in contanti per lasciarli andare. In quel caso l’abitazione del giovane è stata letteralmente circondata da agenti armati, in una situazione decisamente pericolosa. Il piccolo fuorilegge però sembra essere pentito e ha confessato tutto, quindi forse non tutto è perduto per il suo futuro… sicuramente la sua età lo preserva da pene pesanti, ma questo non vuol dire che la passerà liscia; ovviamente, oltre alle varie vittime, anche i suoi genitori ci sono andati di mezzo.

Un altro caso recente vede come protagonista un ragazzo di 19 anni di Las Vegas, arrestato per swatting dopo aver segnalato un omicidio falso in Illinois nel 2014. Wilson, se dichiarato colpevole, dovrà scontare cinque anni di carcere… ci chiediamo se, quando qualcuno pensa allo swatting, si chieda se ne vale davvero la pena. Forse basterebbe farsi questa domanda per demordere dal’eseguire un’azione tanto insulsa e pericolosa, perché non sembra plausibile che qualcuno possa rispondere di sì!

Fonte: polygon

 

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