Watch Dogs – la recensione

Essere hacker è un sogno di libertà. Come l’Assassino, anche l’hacker è una figura al di sopra della moralità e del sentire comune, che manipola la realtà a suo piacimento e piega il mondo al suo volere. Ubisoft, ormai, dopo anni di Assassin’s Creed, ha guadagnato una grande esperienza nel creare ambientazioni virtuali sulle quali possiamo avere il pieno controllo. Ma l’ambizione di Ubisoft per Watch Dogs è ancora più grande: trasportare tutta quell’esperienza all’interno di un open world di dimensioni e proporzioni mai tentate prima dalla compagnia francese. Pura volontà di potenza, insomma, ma anche un grande rischio… vediamo insieme come è stata gestita questa sfida.
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Il gioco vi invita a riflettere su quali possano essere gli usi più creativi delle vostre abilità come hacker.

Partiamo, innanzitutto, dalla premessa narrativa: il protagonista si chiama Aiden Pearce, un hacker che ha subito una grave perdita, ossia la nipotina di soli 6 anni, uccisa in un incidente stradale causato dai suoi nemici. Il nostro, quindi, è in cerca di vendetta nei confronti dei poteri forti, coloro che sono secondo lui responsabili della tragedia. Questa è la premessa di un complotto molto più grande e sfaccettato, che andrà a toccare temi molto attuali, quali il controllo e la sicurezza. Dobbiamo sicuramente apprezzare il coraggio di Ubisoft nell’andare a trattare un tema scomodo, e nel creare un antieroe accattivante, la cui moralità non è mai ben definita.

Il gioco, del resto, è sicuramente impressionante per la quantità di abilità che mette a disposizione del giocatore.

Aiden ha poi una caratteristica che lo rende diverso da tutti gli altri: è in grado di infiltrarsi nel ctOS, ossia il sistema di controllo centralizzato della città. Il gioco si presenta all’atto pratico come un vero e proprio parco giochi per vigilanti: la città è letteralmente ai nostri piedi, sia quando seguiamo le missioni della storyline principale che quando ci cimentiamo nelle missioni secondarie. Lo schema ricorda molto da vicino quello di Grand Theft Auto in salsa hacker, dal momento che le missioni richiedono per la maggior parte di correre a bordo di automobili o prendere parte a sparatorie, permettendoci allo stesso tempo di ricorrere allo stealth.
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La città è letteralmente ai nostri piedi, sia quando seguiamo le missioni della storyline principale che quando ci cimentiamo nelle missioni secondarie.

Quello che fa la differenza è che potremo alterare la città in modo tale da aiutarci all’interno di queste missioni. Per esempio, durante un inseguimento in macchina, potremo far saltare i semafori, in modo da causare un incidente e frenare il nostro avversario. Il gioco vi invita a riflettere su quali possano essere gli usi più creativi delle vostre abilità come hacker; possiamo compiere tantissime azioni che ci daranno quell’esaltante sensazione di essere i signori della città. Ubisoft è la più grande maestra nel farci sentire l’ebbrezza di essere dei veri e propri supereroi senza superpoteri. O anche l’esatto contrario, dal momento che, comportandoci in maniera sconsiderata, saremo giudicati una minaccia dai nostri concittadini.
Il gioco, del resto, è sicuramente impressionante per la quantità di abilità che mette a disposizione del giocatore. Queste, infatti, possono aumentare nel tempo grazie a un sistema di punti esperienza, che guadagneremo cimentandoci nelle diverse missioni; in questo modo potremo anche personalizzare il nostro Aiden, scegliendo quali sono le abilità in cui vogliamo renderlo più efficiente, grazie a un sistema che ricorda molto da vicino quello di un GdR. Spendendo dei punti esperienza nelle skill combattive, ad esempio, potremo cavarcela meglio nelle situazioni di mischia, mentre spendendo punti nell’hacking aumenterà la rosa di possibilità con cui possiamo alterare la città.
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Nella sua essenza più profonda, Watch Dogs manifesta tutti i limiti peculiari della precedente generazione e non spicca mai davvero il volo verso nuovi livelli di libertà.

A questo punto, ci viene però spontaneo fare una riflessione. Il gioco, era stato annunciato fin dall’inizio come l’araldo della nuova generazione, invece quello che ci ritroviamo davanti cade vittima di una struttura fortemente incanalata su binari, qualcosa dunque a cui eravamo fin troppo abituati nel passato. Alla lunga, l’hacking si riduce a una serie di situazioni scriptate che possiamo attivare con la pressione di un tasto; la stessa infiltrazione è gestita in maniera molto lineare, senza che ci sia veramente la possibilità per il giocatore di pensare strategie originali: gli hotspot sono piazzati uno dopo l’altro e molto spesso il tutto si ridurrà a entrare dentro una telecamera, guardarsi un po’ intorno e scoprire qual è lo snodo successivo al quale dobbiamo connetterci. Siamo ben lontani dall’idea di una città pulsante di vita propria, che reagisce in maniera originale e insolita alle nostre azioni. Piuttosto, il titolo Ubisoft è composto da una serie di isole, costruite sapientemente dai level designer per creare spettacolo… non si può parlare assolutamente di downgrade, qualcosa che tutti temevano, dal momento che la dimensione della città è sicuramente notevole, tuttavia, non si ha mai quel “wow effect” che ci farebbe gridare al miracolo della nuova generazione. Questo è da imputare principalmente alla mancanza di varietà e un’architettura degli ambienti che sembra essere più pensata per riempire degli spazi che per renderli davvero distinti tra di loro.

Ma sul fronte tecnico non si può che lodare il lavoro svolto da Ubisoft Montreal. Nella versione PS4 da noi provata il gioco gira senza incertezze, con un frame rate sempre solido a fronte di un ampio orizzonte visivo. Non sono presenti tearing né popup dei poligoni.
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Inoltre, è del tutto assente un’idea di gameplay cosiddetto “emergente”, ossia quelle situazioni inaspettate che ci permettono di plasmare la nostra storia personale all’interno del gioco. Questa è anche una delle più grandi forze e allo stesso tempo debolezze di Assassin’s Creed, la cui matrice fuoriesce in maniera evidente in Watch Dogs, schiavo della sua stessa natura sistemica. Nella sua essenza più profonda, Watch Dogs manifesta tutti i limiti peculiari della precedente generazione e non spicca mai davvero il volo verso nuovi livelli di libertà. Con questo, non vogliamo assolutamente dire che non sia divertente o che sia mal realizzato.

Gli hotspot sono piazzati uno dopo l’altro e molto spesso il tutto si ridurrà a entrare dentro una telecamera, guardarsi un po’ intorno e scoprire qual è lo snodo successivo al quale dobbiamo connetterci.

Per questo motivo, il voto è da alzare di un punto per le console “oldgen”, di cui rappresenta a tutti gli effetti il picco più alto mai raggiunto. Watch Dogs è senza ombra di dubbio il culmine di anni di game design raffinato da Ubisoft: gigantesco nelle sue proporzioni, è un fantastico interprete dell’impianto “open world”.  Tuttavia, appartiene a una specie che deve necessariamente affrontare un balzo evolutivo e trasformarsi in un essere completamente nuovo. Mentre qui si è ancora troppo ancorati al modello GTA, di cui vengono riprese le dinamiche fondamentali, senza raggiungere la stessa profondità e senza di contro introdurre novità di rilievo. Segnaliamo l’ottimo lavoro svolto sul fronte della localizzazione. Il gioco infatti è interamente doppiato in italiano.

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