L’accordo che è stato raggiunto è di quelli che mettono la parola fine a una delle diatribe più accese degli ultimi anni nel settore dei videogiochi. E fa un po’ di giustizia.
Non succede sempre di riuscire a dare una buona notizia parlando dell’industria dei videogiochi. Anzi, nell’ultimo periodo in particolare, sembrava fossimo tutti destinati a doverci concentrare soltanto sui team di sviluppo che chiudono, sui developer che perdono il lavoro, sui progetti cancellati e che non vedremo mai, di solito per scarse doti manageriali di chi però percepisce stipendi stellari.

E invece, per una volta, qui la notizia è di quelle veramente positive. Una notizia che raccontiamo molto volentieri perché finalmente segna anche un punto fermo in una questione che rimane aperta e molto spinosa: l’intelligenza artificiale applicata allo sviluppo dei videogiochi.
L’accordo storico che arriva dopo tre anni di lotta
Finalmente, dopo ben tre anni, si è ufficialmente concluso il contenzioso che si era aperto tra i membri del sindacato SAG-AFTRA, che riunisce artisti del cinema e dei videogiochi, e i grandi colossi dell’industria tra cui Electronic Arts e Activision.

Tutta la questione si era sollevata nel momento in cui era venuto fuori che le grandi società avevano intenzione di spingere per accordi lavorativi che nella pratica trasformavano i talenti dell’industria dei videogiochi, per esempio i grandi doppiatori, in semplice carne da macello utilizzata poi per poter addestrare intelligenze artificiali che avrebbero così ricalcato a basso costo performance e sessioni di doppiaggio.
Ovviamente nessuno dei diretti interessati si è detto disponibile a lasciarsi scippare il lavoro così, e ne è derivato un tira e molla che si è trasformato a sua volta anche in uno stop alle produzioni durato 11 mesi. Adesso c’è un accordo ratificato i cui punti più importanti riguardano proprio la protezione nel momento in cui qualcuno voglia utilizzare l’intelligenza artificiale. La protezione contro i casi alla Marathon magari arriverà.
Nel nuovo contratto vengono specificati i compensi minimi che gli attori devono ricevere in caso di utilizzo delle loro repliche digitali, insieme a compensi più alti se questi stessi attori vengono poi utilizzati per creare chatbot.
Si tratta di un aspetto molto importante che soprattutto mette un primo freno e chiarisce in parte quelli che sono gli obblighi presenti e futuri delle società di videogiochi che tante volte, soprattutto negli ultimi mesi, sono sembrate fin troppo entusiaste all’idea di poter tagliare sui costi anche di attori e doppiatori sfruttando l’intelligenza artificiale con un vizio che è poi il vizio di fondo di qualunque training di queste nuove tecnologie: un utilizzo massiccio di materiale protetto da copyright e senza una richiesta di consenso da parte dei produttori di quello stesso materiale di partenza.
L’accordo potrebbe essere perfettibile, ma di certo quanto meno mette nero su bianco che l’utilizzo delle intelligenze artificiali a scapito di attori e creativi reali in almeno un ambito non può essere più ritenuto uso legittimo.
Nel grande mare dell’intelligenza artificiale generativa e dell’intelligenza artificiale in genere, la protezione degli artisti e dei doppiatori nel mondo dei videogiochi può sembrare qualcosa di piccolo, ma anche se lo è, è qualcosa che comunque può essere utilizzato come precedente in altre industrie.





