Max: The Curse of Brotherhood

Ci sono giochi che vorremmo davvero amare con tutto il cuore. Max: The Curse of Brotherhood è uno di questi. A partire dalla presentazione, tutto sembra farci pensare di assistere a una versione interattiva di capolavori come I Goonies. Gli ingredienti ci sono tutti: c’è un protagonista pestifero, il suo fastidioso fratellino e dei mostri brutti e cattivi che lo rapiscono. Si parte all’avventura, quindi? Meglio aspettare un attimo.

Il gioco è interamente costruito intorno all’idea di un magico pennarello, capace di rendere reale tutto quello che disegna. Questo elemento va a incastrarsi con la natura platform del titolo, cercando di rivoluzionare le basi stesse di questo genere. Almeno sulla carta. Grazie al prodigioso pennarello, potrete costruire delle piattaforme di diverso tipo per permettere a Max di superare strapiombi e altri ostacoli naturali. L’idea di per sé è divertente e intuitiva, ma va a cozzare con la natura molto ostica del gioco in sé. Non aiuta neanche che il pennarello si controlli grazie agli analogici, quando sarebbe tornato davvero utile in questo caso Kinect o Smartglass. Come se non bastasse, Max è troppo difficile da controllare e non è nemmeno in grado di eseguire un doppio salto. In altre parole: vi basterà sbagliare a calcolare un salto anche per pochi centimetri e il povero protagonista farà una bruttissima fine.
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La grafica, anche se non fa gridare al miracolo nella sua incarnazione Xbox One, è comunque caratterizzata da atmosfere cromatiche brillanti e livelli ad ampio respiro.

Anche la gestione stessa del pennarello si rivela essere molto meno intuitiva di quanto sembrerebbe. All’inizio, si tratterà semplicemente di usare il potere giusto al momento giusto, per esempio creando una liana grazie alla quale Max potrà librarsi in volo. Il punto è che il pennarello è troppo preciso, per cui se non azzeccherete le dimensioni dell’oggetto che vi serve sarete costretti a distruggerlo e rifarlo. La cosa può rivelarsi molto fastidiosa, soprattutto nel momento in cui magari state sfuggendo a un nemico e vi serviva creare una piattaforma in tutta fretta. Il pennarello dà il meglio di sé quando metterete le mani sui diversi poteri che è in grado di sfoggiare, anche perché il level design è strutturato in modo da renderli indispensabili. Nel livello dell’acqua dovrete quindi divertirvi con spruzzi e canali, mentre lo stesso potere acquisirà una valenza diversa nel livello della lava. Qui, usando l’acqua potrete infatti creare dei geyser, che vi permetteranno di superare l’abisso infuocato. Giocare con i diversi poteri è divertente e richiederà anche un po’ di pensiero laterale. Ogni situazione potrà infatti essere approcciata in maniera diversa e i vari poteri possono essere concatenati: disegnando un ramo per esempio potrete tagliarlo, spostarlo, collegarlo a una liana e tanto altro ancora.
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Quello di cui soffre Max: the Curse of Brotherhood è evidentemente un problema di piattaforma: è poco adatto a una console, e tradisce in più di un momento la sua natura mobile.

Il livello di sfida è in realtà sempre molto elevato, perché oltre alla materia grigia sarete costretti a essere maestri nella coordinazione mano-occhio. Infatti, oltre a capire in che ordine usare i poteri del pennarello, dovrete anche essere bravi a disegnarli velocemente, questo perché il gioco fa uso molto spesso di sequenze di fuga, come un livello nel quale Max sarà inseguito da una colonna di lava. Uno dei maggiori punti di forza di Max: The Curse of Brotherhood è il suo aspetto grafico: vi muoverete all’interno di tantissime ambientazioni diverse, tutte coloratissime e che rimandano con la mente ai classici platform 2D per Super Nintendo. La grafica, anche se non fa gridare al miracolo nella sua incarnazione Xbox One, è comunque caratterizzata da atmosfere cromatiche brillanti e livelli ad ampio respiro. Quello di cui soffre Max: the Curse of Brotherhood è evidentemente un problema di piattaforma: è poco adatto a una console, e tradisce in più di un momento la sua natura mobile. Non scordiamoci che il suo predecessore, Max and the Magic Marker, era proprio un gioco per iOS. La trasposizione dagli intuitivi controlli touch agli analogici della Xbox si fa molto sentire. Nei momenti più calmi del gioco, avere la sensazione di disegnare sullo schermo tutto quello che si vuole è rilassante e piacevole, ma nelle situazioni più concitate diventa solo frustrante. Sarebbe stato quindi meglio avere un pennarello più guidato, ma anche più adatto al particolare design del gioco.

E, ricollegandoci all’inizio, siamo davvero dispiaciuti che Max sia tanto bello da vedere quanto vuoto nella sua storia. Le basi per creare una buffa avventura in stile Pixar, ricca di humour e sorprese, c’erano tutte, ma tanto potenziale è stato sprecato in scene di intermezzo che si limitano al massimo a collegare un livello all’altro. Senza neanche una giustificazione per procedere, Max rimane un platform frustrante e tutt’altro che memorabile. Un vero peccato.

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