Realtà virtuale per trattare pazienti molestatori

“Attualmente è praticamente impossibile determinare se un paziente psichiatrico riuscirà o meno a contenere le sue reazioni violente dopo un periodo di terapia e trattamenti, così come non è possibile prevedere se il paziente riuscirà a evitare di avere nuovi comportamenti socialmente molesti”. A dirlo è Massil Benbouriche, della Scuola di Criminologia dell’Università di Montreal, che continua: “Facendo test su protocolli di ricerca che possano essere applicati con l’ausilio della realtà virtuale, siamo in grado di aiutare a validare empiricamente teorie che potrebbero spiegare perché i molestatori agiscono seguendo i loro impulsi.”

L’utilizzo della realtà virtuale nel campo della salute mentale non è una novità, in particolare per quanto riguarda il trattamento dei disturbi d’ansia, infatti, le prime applicazioni risalgono a diversi anni fa… ma è solo dal 2006 che l’istituto Philippe-Pinel ha iniziato a utilizzare le tecnologie per la realtà virtuale nella sperimentazione psichiatrica in casi diversi, in particolare in modo da valutare il profilo di molestatori sessuali e il rischio che possono rappresentare.

Una delle tecniche più utilizzate prevede il posizionamento di un anello particolare intorno all’organo genitale di un molestatore durante un test, in modo da misurarne le variazioni di circonferenza causate da stimoli visivi o auditivi. Ovviamente una persona può riuscire a camuffare le proprie reazioni o anche semplicemente smettere di guardare le immagini, per questo un’altra tecnica prevede l’aggiunta di uno scanner per i movimenti oculari, in modo non solo da controllare che il paziente guardi ma anche misurare quanto tempo il soggetto si sofferma su zone erogene dei corpi nelle immagini che gli vengono mostrate. Combinare queste tecniche con la realtà virtuale potrebbe rappresentare un grande passo avanti, poiché consente di comprendere come un molestatore si sente e come percepisce gli stimoli direttamente dalla sua prospettiva.

I test svolti fino a ora hanno portato a risultati interessanti e, nel giro di pochi anni, la realtà virtuale potrebbe diventare parte integrante dei trattamenti di patologie psichiatriche di pazienti con problemi nel controllo delle pulsioni. Questo potrebbe aiutare significativamente non solo a capire come procede la terapia, ma anche a valutare i rischi del reinserimento sociale.

Fonte: dailymail

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