Un videogioco troppo violento e per il quale non esiste etichetta di warning adeguata. e allora è scattata direttamente la censura.
Non tutti i videogiochi sono prodotti per un pubblico vasto. Alcuni titoli sono infatti un po’ più di nicchia. Tra i motivi per cui i videogiochi hanno pubblici diversi c’è anche la quantità di violenza che viene mostrata. Ci sono, a quanto pare, però alcuni limiti anche per la violenza e anche se il gioco viene classificato solo per adulti.

Questo titolo appena uscito si è guadagnato un proverbiale cartellino rosso e ha dovuto subire quindi cambiamenti a causa della violenza e della brutalità mostrata.
Neanche quindi le classificazioni attualmente esistenti sembrano essere sufficienti. Non si tratta di lanciarsi ora contro un organo di controllo nazionale che decide per il Paese di cui deve occuparsi, ma di certo è qualcosa che ci lascia stranamente perplessi.
Questo videogioco troppo violento è stato censurato, non basta il PEGI 18
Tra gli organi internazionali che si occupano di classificare i prodotti per l’intrattenimento, sappiamo che in quello che si occupa anche dell’Italia c’è il cosiddetto PEGI 18, ovvero l’etichetta che si mette a quei videogiochi che non sono adatti a nessuno se non a chi è già pienamente adulto o comunque ha superato i 18 anni.

Ma, a quanto pare, questa etichetta dei 18 anni non è sufficiente per l’organo di controllo che si occupa di validare l’intrattenimento in Giappone.
Per riuscire ad avere un rating, al team di sviluppo di Techland è stato chiesto di abbassare un po’ i toni. In generale, quindi, Dying Light: The Beast nella sua versione giapponese è un po’ meno truculento e un po’ meno violento di quello che si vede negli altri mercati.
La differenza riguarda soprattutto il modo in cui viene mostrata proprio la violenza nei confronti dei nemici e nei dettagli di alcuni di essi. Per esempio, i modelli degli zombie di sesso femminile sono stati resi appena un po’ più casti, mentre le mosse che provocano squartamento ora non lasciano più in bella mostra gli organi interni dei nemici.
Dying Light: The Beast, comunque, non è l’unico videogioco a cui si è richiesto dei cambiamenti. Ma è rimasto celebre il caso di Dead Space e di Stellar Blade.
Shaun Noguchi, General Manager di Electronic Arts per la sezione giapponese, accusò infatti il CERO di utilizzare in pratica due pesi e due misure.
Dead Space fu infatti bannato totalmente perché l’ente giapponese per il rating si rifiutò di dargli una classificazione, mentre, sempre secondo la tesi di Noguchi, Stellar Blade, che aveva delle scene simili, aveva ricevuto una classificazione e quindi era diventato disponibile nel Paese.
Oltre al caso di Dead Space vale la pena in più ricordare come Suda51 l’anno scorso dichiarò di aver dovuto creare due versioni del remaster di Shadows of the Damned proprio per averne una appositamente costruita per il mercato giapponese in maniera tale che potesse superare la censura del CERO.





