Quali conseguenze per i videogiochi ora che il Digital Markets Act è legge nell’UE?

È notizia recente che l’Unione Europea ha approvato quello che viene chiamato Digital Markets Act e che ha lo scopo di regolare e rendere più equo il mercato digitale, comprese ovviamente le piattaforme da cui acquistiamo app e videogiochi. È logico quindi chiedersi quali possono essere le conseguenze dell’entrata in vigore di questo nuovo pacchetto di norme sia per i videogiocatori sia per chi le piattaforme le gestisce.

Avremo tempo di discuterne dato che ci sono ancora alcuni passaggi da fare e non cambierà nulla almeno fino alla primavera dell’anno prossimo ma è chiaro che ci saranno modifiche alle Policy di molti colossi che negli ultimi anni sono stati sottoposti più volte a indagine per comportamenti assimilabili all’abuso di posizione dominante.

Quali conseguenze per i videogiochi ora che il Digital Markets Act è legge nell'UE?
Quali conseguenze per i videogiochi ora che il Digital Markets Act è legge nell’UE? (foto: Pexels)

E stiamo ovviamente parlando di Google Play Store, dell’App Store di Apple ma (probabilmente) anche di luoghi virtuali come Steam. Quello che si è consolidato nel Digital Market Act è sicuramente un passo avanti importante e il testo di questa norma Europea, che ora dovrà essere adottata dal Consiglio europeo e poi pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, contiene alcuni paragrafi che sono di una chiarezza che difficilmente si trova nei testi di legge. Chiarezza che quindi impedisce interpretazioni.

Il comunicato stampa chiarisce infatti fin dalle prime battute qual è lo scopo del pacchetto di norme: “Il DMA bandirà alcune pratiche utilizzate da piattaforma è più grandi che si comportano come “gatekeeper” e permetterà alla Commissione di condurre indagini di mercato e sanzionare i comportamenti non in linea”. Trattandosi di una norma dell’Unione Europea, si potrebbe pensare che gli effetti siano limitati ma, in realtà pensare alla quantità di pezzi di software assortiti che girano nelle versioni  europee delle grandi piattaforme e i numeri diventano subito immensamente più chiari.

Si tratta poi di una rivincita, in un certo senso, anche per Epic che negli Stati Uniti non era mai riuscita a far riconoscere ai legislatori che c’erano trattamenti disparitari. Ma tutta la legislazione si applica a una definizione molto stretta di società definite appunto “gatekeeper”, che potrebbe non necessariamente finire con l’essere applicata agli Store che si occupano solo ed esclusivamente di videogiochi. Nel dossier interistituzionale la definizione di che cosa si intenda per gatekeeper è fornita nei primi paragrafi: piattaforme che forniscono servizi e che hanno una considerevole potenza economica. Non viene usato il termine monopolio ma poco più avanti negli stessi paragrafi iniziali si legge che comunque “alcune di queste società gatekeeper esercitano un controllo su tutti gli ecosistemi della piattaforma nella economia digitale e sono strutturalmente molto difficili da sfidare o da mettere in discussione da parte di operatori nuovi o esistenti“.

Se in futuro ci saranno o meno nuove possibilità che permetteranno agli utenti finali di scegliere cosa installare e da dove lo scopriremo nei prossimi mesi. Anche perché dare ai cittadini europei la possibilità di poter installare Store di terze parti e da lì scaricare software e fare acquisti è un conto, se poi qualcuno effettivamente vorrà dare una possibilità a questo nuovo sistema è un altro. Quello che però è importante è che comunque arrivare ad avere un pezzo di legislazione che tratta esplicitamente i mercati digitali significa che si riconosce che l’economia mondiale sta lentamente passando dalla vendita di prodotti fisici alla vendita di servizi, il che significa anche avere una legislazione più a misura di utente r la fine della giungla digitale in cui ci troviamo tutt’ora a camminare.

 

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