Seeing I: 28 giorni nei panni di un altro

Negli ultimi anni si parla molto della tecnologia e del suo impatto sulla vita quotidiana, non solo dal punto di vista pratico ma anche -soprattutto- per quanto riguarda la socialità.

Sono innumerevoli le critiche e le osservazioni mosse verso dispositivi sempre più portatili e sempre più coinvolgenti e ora, grazie in particolare al visore per la realtà virtuale Oculus Rift, si potranno ottenere risposte a domande lasciate in sospeso da tempo.
In molti si chiedono quali conseguenze ci saranno a livello sociale nella vita delle persone con l’avvento di visori per la realtà virtuale immersivi e confortevoli e, senza dubbio, non c’è metodo migliore della sperimentazione per trovare risposte… vogliamo infatti raccontarvi dell’artista Mark Farid, che ha deciso di sperimentare su di sé le conseguenze di una immersione totale in una realtà non sua, utilizzando un visore Oculus Rift (che, nonostante si trovi ancora in fase di sviluppo, è il più avanzato modello in circolazione).

Mark sta raccogliendo fondi su Kickstarter in modo da finanziare il suo progetto decisamente originale, che prevede la totale immersione nella vita di un’altra persona per un periodo di 28 giorni. Il visore in questo caso non verrà utilizzato per immergere chi lo utilizza in una realtà virtuale costruita ad hoc o in un videogioco interattivo, ma servirà in qualche modo a “trasferire” la percezione del soggetto di sperimentazione nella realtà di un’altra persona.

Mark indosserà costantemente il visore e ogni esperienza sociale che vivrà non sarà direttamente sua, ma di un’altra persona. Mark non parlerà direttamente con nessuno, non toccherà nessuno, non uscirà dallo studio e non conoscerà nuove persone. Non andrà al cinema o a cena fuori, non andrà al parco… almeno non con il suo corpo. Il giovane artista continuerà in qualche modo a vivere esperienze normali colme di momenti sociali, ma lo farà guardando il mondo attraverso gli occhi di un’altra persona. Quali saranno le conseguenze? Il cervello di Mark potrebbe convincersi di appartenere alla realtà secondaria che gli viene mostrata costantemente?

Sono diversi anni che gli scienziati si chiedono quali sarebbero le reazioni del cervello in situazioni di esposizione costante a realtà parallele o virtuali, e questo esperimento potrebbe fornire diverse risposte molto interessanti dal punto di vista scientifico. Lo scopo di Mark però è soprattutto fornire uno spunto di riflessione sul mondo che ci circonda e su come il modo di rapportarsi a esso stia cambiando.

In passato sono stati eseguiti test simili, “scambiando” il corpo di persone diverse (come vi mostriamo in un video allegato all’articolo) oppure semplicemente applicando il visore a uomini che, grazie alla tecnologia per la realtà virtuale, si trovavano nel corpo di una donna… un po’ come succede anche giocando con Oculus Rift al popolare Alien: Isolation, dove la protagonista è Amanda Ripley.

Uno dei dati più interessanti raccolti dagli esperimenti eseguiti fino a ora riguarda l’empatia: è stato infatti dimostrato come immergere direttamente un soggetto nei panni di un’altra persona possa aumentare l’immedesimazione, aiutando l’empatia a crescere con conseguenze molto positive. Ad esempio si è notato come, mettendo un soggetto con tendenze razziste nei panni di una persona di pelle scura, si sia riusciti a ottenere una concreta diminuzione del livello di pensieri e atteggiamenti razzisti.

Noi videogiocatori siamo certamente abituati all’immedesimazione in realtà parallele e fantastiche, molti di noi hanno passato diverse ore nei panni di creature immaginarie o in mondi caratterizzati da draghi, zombie, guerre nucleari… ma cosa cambierà con l’arrivo sul mercato di tecnologie come Oculus Rift e con la loro applicazione a innumerevoli videogiochi sempre più immersivi?

La realtà virtuale potrebbe aiutare l’empatia e stimolare positivamente il cervello… ma allo stesso tempo, in soggetti predisposti, potrebbe portare a forme di dipendenza o disturbi di distacco dalla vita reale?

Ecco due video, il primo mostra un esperimento di “scambio” di corpi, il secondo invece è un video di presentazione del progetto Seeing I, di cui Mark Farid spiega diversi dettagli.

Fonte: theguardian

 

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