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Anthem: EA pondera se chiudere il progetto o tenerlo in vita

Anthem non ha vita facile. Il prodotto sfornato dagli studi di Bioware, rinomato nell’industria per aver dato i natali a saghe di culto come Mass Effect e Dragon Age, sta subendo numerosi esami da parte del publisher EA: la major in questione, sta decidendo se tenere il progetto ancora in vita oppure chiuderne definitivamente i battenti.

Un anno fa, un blogpost annunciò che, oramai, solo 30 dipendenti erano a lavoro su Anthem e da un successivo report da parte di Bloomberg emerse che, per produrre contenuti a sufficienza per Anthem, ne sarebbero serviti almeno il triplo.

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L’ardua fatica di essere un Game as service

Scorcio di Anthem. Fonte: “ea.it/games/anthem”

I motivi del declino di Anthem sono innumerevoli: un endgame poco curato, un combattimento non sufficientemente accattivante da poter giustificare un grinding di risorse concettoso e poco appagante e, in aggiunta, bug e problemi di performance fin dal giorno del suo lancio sul mercato.

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Dopo una sequela di recensioni tutt’altro che entusiaste, il produttore esecutivo Christian Dailey ha annunciato prontamente cambiamenti radicali che avrebbero migliorato il gioco ma, sfortunatamente, Dailey si è visto costretto a lasciare il progetto di Anthem a causa di un taglio di personale lo scorso dicembre.

Ciò ha fatto piombare il titolo di Anthem, con già poco personale a lavoro, in uno stato di incertezza, costringendo il publisher EA a indire una riunione (che si terrà in settimana) per stabilire se chiudere definitivamente il progetto ormai alla deriva di Bioware Studios.

Il destino inglorioso di Anthem non è un buon segnale per tutti gli altri studios e aziende pronte a investire in un game as service always online, modello di gioco, come si è visto, di difficile gestione. Tolti i casi fortuiti, il modello ibrido tra tripla A e MMO risulta una bestia feroce difficile da domare. Il rischio di impresa elevato e la necessità di un costante impegno per mantenere l’utenza attiva sul prodotto, sono un’autentica sfida in un mercato in rapidissimo cambiamento dove vige l’esperienza bulimica del consumo dei prodotti.

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Stefano Sacchi

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