Il terrorista norvegese Anders Behring Brevik chiede dal carcere videogiochi migliori e un PC

Forse ricorderete quando nel 2011, in una giornata colma di puro terrore, Anders Behring Brevik ha ucciso in un solo giorno ben 77 persone.

Il terrorista, che definisce se stesso “salvatore del Cristianesimo” e “il più grande difensore della cultura conservatrice in Europa dal 1950”, sicuramente non si può considerare una persona normale sotto molti aspetti.
Condannato a 21 anni di reclusione (pena massima prevista dalla legge norvegese), Anders non sembra affatto pentito del suo atroce gesto e continua a comportarsi in modo autocelebrativo e a mostrare di non avere un collegamento sano con la realtà.

Lo stesso Anders ha raccontato alla polizia di aver premeditato per lungo tempo il gesto terroristico e di aver deciso di prepararsi utilizzando il popolare videogioco Call of Duty. Oltre a CoD Anders giocava molto anche a World of Warcraft, che sembra avere in qualche modo utilizzato come copertura. Nonostante queste affermazioni confermino la sua indole violenta e malsana, è stato rivelato che nel 2013 Anders ha scritto una lettera dove elenca le sue pretese come carcerato: vuole console e videogiochi più moderni, ma anche un PC.

Sembrerà forse uno scherzo, ma non lo è… Anders ha scritto una lunga lettera dove dichiara di essere trattato “peggio di un animale” e dove racconta come gli sia concesso di utilizzare solo videogiochi per bambini. Precisamente Anders ha scritto: “Gli altri carcerati hanno accesso a giochi per adulti mentre io ho il diritto di giocare solo a giochi per bambini. Un esempio è Rayman Revolution, un gioco creato per bambini di tre anni”.

Brevik sostiene di comportarsi meglio di tutti gli altri carcerati (nonostante lui non abbia la possibilità di avere molti contatti con i compagni di carcere) e sostiene anche di meritare per questo maggiori libertà. Anders utilizza addirittura il termine “torturato” e, nella lettera, definisce se stesso come un “attivista per i diritti umani”.

Ecco le sue inquietanti parole: “Sembra che voi pensiate che noi – tutti gli attivisti che combattono per diritti umani fondamentali (come l’auto-determinazione culturale) – siamo mostri Nazisti che devono essere spinti al suicidio“.

Ancora una volta purtroppo si parla di videogiochi in un contesto violento e, a un primo sguardo, c’è chi potrebbe pensare a essi come una possibile causa di questa strage… analizzando la situazione più attentamente, però, è chiaro come questo non sia possibile: lo stesso Brevik ha dichiarato di avere già avuto intenzione di mettere in atto l’azione terroristica e solo successivamente di aver deciso di fare “pratica” con Call of Duty.

Non bisogna inoltre dimenticare che stiamo parlando di un individuo non solo sociopatico ma altamente disturbato, come si evince anche dal suo ultimo comunicato dove afferma di essere un “torturato attivista per i diritti umani” chiedendo di avere videogiochi migliori… insomma, specificare come il ruolo dei videogiochi sia più che marginale nella vicenda potrebbe quasi essere superfluo.

Fonte: kotaku

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