Six Days in Fallujah, gruppo per i diritti civili dei musulmani ne chiede il bando

Non c’è verso, Six Days in Fallujah resuscitato da Victura dopo che era stato abbandonato da Konami diversi anni fa, continua a generare polemiche. Stavolta un gruppo per i diritti civili musulmani ne chiede ufficialmente il bando a Microsoft, Sony e Valve.

Six Days in Fallujah, gruppo per i diritti civili dei musulmani ne chiede il bando
Six Days in Fallujah, gruppo per i diritti civili dei musulmani ne chiede il bando (foto: HighWire Games)

Il gruppo CAIR, Council on American-Islamic Relations, ha chiesto ufficialmente a Microsoft, Sony e Valve di non vendere e non distribuire il controverso sparatutto in prima persona Six Days in Fallujah, definendolo un simulatore di assassini di arabi.

Six Days in Fallujah: “Arab Murder Simulator”

Six Days in Fallujah, gruppo per i diritti civili dei musulmani ne chiede il bando
Six Days in Fallujah, gruppo per i diritti civili dei musulmani ne chiede il bando (foto: HighWire Games)

Questa è la definizione che il CAIR, Council on American-Islamic Relations, ha dato di Six Days in Fallujah. Il gioco, di cui si è ricominciato a parlare recentemente perché dopo essere stato abbandonato nel 2009 da Konami è stato resuscitato da Victura con lo sviluppo di Highwire Games, narra le vicende della seconda battaglia di Fallujah.

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Il tema scelto, nel 2009 come oggi, è sicuramente spinoso. E sia Victura sia Highwire Games hanno cercato in tutti i modi di gestire le critiche al gioco facendo passare l’idea che si tratti di un modo per guardare la guerra da tutti i punti di vista. Il problema, però, è che in tutti i giochi di questo tipo si finisce sempre con il prendere le parti di qualcuno.

Nello specifico, per quante dichiarazioni sia lo sviluppatore sia il distributore abbiano fatto e stiano facendo, c’è il problema che il gioco comunque è visto dal punto di vista dei soldati americani e che, di conseguenza, i civili iracheni che sono comunque presenti nel gioco vengono, anche a livello inconscio, bollati come il nemico. La battaglia di Fallujah è una ferita ancora aperta nella società americana e questo videogioco ha riportato i riflettori su quella ferita.

In teoria, il gioco dovrebbe basarsi sui racconti veri sia dei soldati americani che hanno partecipato all’attacco su Fallujah sia sui racconti dei cittadini iracheni che sono riusciti a sopravvivere. Il CAIR, però, non è molto convinto che sia il caso di glorificare questo increscioso episodio di violenza nel quale sono morti oltre 800 cittadini iracheni. Per questo motivo ha distribuito un press release nel quale leggiamo: “chiediamo a Microsoft, Sony e Valve di escludere dalle loro piattaforme Six Days in Fallujah, un simulatore di uccisioni di arabi che non farà altro che normalizzare la violenza contro i musulmani negli Stati Uniti e nel mondo“.

Al momento il gioco non è ancora presente su nessuna piattaforma e quindi occorrerà attendere una qualche reazione o dichiarazione da parte dei Big chiamati in causa. Sempre nella stessa richiesta fatta dal CAIR si trova anche una dichiarazione di Huzaifa Shahbaz, research and advocacy coordinator di CAIR, : “L’industria dei videogiochi deve smettere di disumanizzare i musulmani. Videogiochi come Six Days In Fallujah servono soltanto a glorificare la violenza che ha spento le vite di centinaia di cittadini iracheni, giustificato la guerra in Iraq e rafforzato il sentimento anti musulmano in un momento in cui il bigottismo anti musulmano continua a minacciare la vita umana“.

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Probabilmente anche Victura e Highwire sapevano che il gioco sarebbe stato complicato da gestire, e complicato da gestire è un eufemismo, e quindi noi adesso, prima ancora che come rappresentanti del giornalismo di settore, come giocatori e giocatrici attendiamo che vi sia una qualche risposta da parte loro.

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Six Days in Fallujah, gruppo per i diritti civili dei musulmani ne chiede il bando (foto: youtube)

 

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