Videogiochi utilizzati a Yale per trattare i criminali psicopatici

Sembra che i videogiochi in generale (e non solo la realtà virtuale) si stiano facendo strada sempre di più nel mondo della psicologia, in particolare come supporto a trattamenti per patologie mentali. Questa volta si tratta di casi particolari, parliamo infatti di carcerati psicopatici protagonisti di uno studio effettuato da ricercatori dell’Università di Yale.

Alcuni videogiochi, creati ad hoc, sono stati utilizzati come supporto alla terapia per i criminali considerati psicopatici.

Una delle caratteristiche della psicopatia è proprio la carenza di empatia e rimorso, problema che, come è stato ipotizzato, potrebbe essere un riflesso di una incapacità di proiettare informazioni che non sono direttamente correlate all’attività svolta in quel momento. La psicologa Arielle Baskin-Sommers della Yale University crede che questo tipo di problema possa essere trattato con successo con il supporto di videogame particolari.

“Gli psicopatici sono carenti nelle capacità di multi-tasking e hanno la tendenza a non processare informazioni come il dolore e la sofferenza degli altri, in particolare quando sono coinvolti in azioni criminali. Trattamenti per individui con comportamenti antisociali come gli psicopatici si rivelano spesso inadeguati, ma speriamo che i risultati raggiunti con il nostro metodo portino a interventi sempre più efficienti anche per i prigionieri più recalcitranti”.

I pazienti vengono trattati con videogiochi creati appositamente per insegnare loro l’importanza delle informazioni secondarie e per imparare a rispondere a stimoli che in precedenza avrebbero ignorato. Già dai primi esperimenti di Arielle Baskin-Sommers ha registrato buoni risultati, rilevando da parte dei prigionieri un certo miglioramento dell’abilità di empatizzare e di considerare le conseguenze delle loro azioni.

È molto importante che i videogiochi utilizzati per questi trattamenti siano sviluppati apposta per la psicopatologia dei prigionieri, in particolare perché giocare a videogiochi di altro tipo potrebbe avere l’effetto opposto.

Fonte: gamesindustry

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