Riot Games, nessuna prova di molestie a carico del CEO

Si è conclusa l’indagine interna di Riot Games nei confronti del CEO Nicolo Laurenti. L’indagine era partita dopo le accuse mosse da Sharon O’Donnell, ex assistente esecutiva di Laurent.

Riot Games, nessuna prova di molestie a carico del CEO
Riot Games, nessuna prova di molestie a carico del CEO (foto: youtube)

Non ci sono prove di comportamenti scorretti o molestie ai danni di Sharon O’Donnell da parte del CEO di Riot Games Nicolo Laurent. Questo il risultato dell’indagine interna fatta partire a seguito delle accuse di O’Donnell.

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Riot Games, il problema della discriminazione

Riot Games, nessuna prova di molestie a carico del CEO
Riot Games, nessuna prova di molestie a carico del CEO (foto: youtube)

Qualche mese fa, Sharon O’Donnell, ex assistente esecutiva di Laurent, aveva accusato il suo ex capo di molestie e di comportamenti discriminatori nei suoi confronti. O’Donnell, che era stata poi licenziata da Riot Games, aveva dichiarato che in più di un’occasione Laurent si era comportato in maniera non consona e che gli aveva fatto dei commenti non graditi a sfondo sessuale.

La denuncia è stata seguita da una indagine interna che, è notizia recentissima, ha concluso che non ci sono prove delle accuse mosse a Laurent “Dopo aver preso in rassegna i risultati dell’indagine non ci sono prove che Nicolo abbia molestato, discriminato o danneggiato la signora O’Donnell. Il comitato speciale ha anche espresso completa fiducia nella leadership di Nicolo, che nessuna azione verrà intrapresa contro di lui e che continuerà ad operare come CEO “. Questa la dichiarazione ufficiale di Riot Games a conclusione dell’indagine interna.

Ma se è vero che in questo caso specifico non ci sono prove dei comportamenti scorretti tenuti dal CEO nei confronti della sua ex assistente esecutiva, è anche vero che non è la prima volta che Riot Games si trova al centro di questo genere di accuse. Nel 2018 diversi impiegati, infatti, hanno raccontato storie di discriminazione e molestie nello studio. All’epoca lo studio promise che avrebbe fatto sì che la cultura interna sarebbe cambiata e che questo cambiamento era “la prima priorità”.

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Nella dichiarazione ufficiale fatta da Riot, si fa effettivamente riferimento alla cultura circolante all’interno dello studio: “anche se la nostra conclusione in questo caso specifico è che non c’è stata discriminazione, molestia o danno, vogliamo essere chiari sul fatto che come comitato rimaniamo assolutamente coinvolti nel controllo delle iniziative della compagnia per trasformare la cultura di Riot. Incoraggiamo tutti gli impiegati che hanno avuto esperienza di condotte errate a fare rapporto in serenità.”

Dopo la conclusione di questo fatto specifico, ognuno può farsi le proprie idee. Quello che è certo è che, nonostante siamo nel 2021, c’è ancora una pervasiva cultura malata nel mondo dei videogiochi che si lega a forme di maschilismo lesive della dignità di tutte le donne che contribuiscono, ad ogni livello, alla crescita e allo sviluppo di questa industria.

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