IN-EAR – Transistor e la comunicazione dell’incomunicabile

Dopo aver analizzato produzioni di più ampio respiro (e budget), nel capitolo di oggi di IN-EAR analizzeremo un’opera in particolare di Darren Korb. Più nello specifico ci si concentrerà su Transistor.

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Fonte: “Nintendo”

La delicatezza e la magia che circondano una storia come quella di Transistor sono tocchi, sensazioni e suggestioni completamente derivanti dalla colonna sonora, che diventa vero e proprio strumento funzionale per il racconto. In questa iterazione della rubrica, oltre a fornire i soliti e interessanti aneddoti della produzione musicale della colonna sonora in esame, cercheremo di capire in che modo essa lavora assieme alle immagini e i colori per raccontare il non raccontabile e comunicare l’incomunicabile: l’amore.

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Come si racconta?

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Il trauma subito da Red la rende incapace di parlare o cantare, ed è il motore della poetica musicale di Transistor. Fonte: “Screenshot in game”

Se da un lato, con Doom, potevamo pensare ad una musica che si presentava come contrafforte al gameplay, per Transistor si può effettuare un ragionamento diametralmente opposto, ovvero si considera la musica come rinforzo che completa la narrazione. Le tracce di Darren Korb e Ashley Barrett sono universalmente riconosciute come capolavori di produzione musicale proprio per la loro delicatezza e grazie ad un mood in perfetta sintonia con il gioco in cui vengono inserite. Proprio da qui si intende partire, dato che, di fatto, Transistor è un videogioco musicale a tutti gli effetti.

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Normalmente i brani del titolo sono un sottofondo (di ambient o di combattimento) del gioco ma vi è l’importante opzione di fermare Red e, con un tasto, fare in modo di sincronizzarsi con il brano corrente e farla “cantare” seguendo la melodia con gli unici suoni che può emettere, lievi ed eleganti mormorii intonati. Il tema musicale, quindi, pervade tutto il titolo: Transistor è un titolo musicale a tutti gli effetti e viene ribadito anche grazie a questo. I rimandi al mondo della musica sono ulteriori, come ad esempio il gruppo dei Camerata, i responsabili della diffusione del Processo, il virus informatico che prende corpo e assorbe progressivamente la città di Cloudbank.

Ma il nucleo centrale che comunica l’importanza e la bellezza della colonna sonora di Transistor consiste nel fatto che essa trasmette ciò che Red non è in grado di fare, completando il quadro narrativo, comunicando ciò che è incomunicabile.

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Il tema malinconico di Transistor viaggia su due binari: da un lato, l’avere l’amato sempre accanto a sè ma senza poterlo toccare e dall’altro poterlo ascoltare senza potergli rispondere. Fonte: “Screenshot in game”

Red ha subito un trauma: perdendo suo marito all’interno del manufatto Transistor, non è più in grado di usare la propria voce. Si tratta di un vero e proprio ostacolo insormontabile per una persona che ha abbracciato la professione della cantante, specie se si tratta della cantante più famosa e nota della città di Cloudbank, il luogo dove la storia di Transistor si svolge. Ed è proprio a causa di ciò che le lyrics dei brani completano il quadro completo e spiegano ciò che perfino una persona dotata di voce farebbe fatica a spiegare: l’amore per una persona amata, la nostalgia del contatto, la sensazione di smarrimento e la volontà di cambiamento.

In tal senso, suggeriamo l’ascolto di tutti i brani dotati di testo: The Spine, Paper Boats, We All Become, In Circles e Signals, che trattano singolarmente ogni tematica del gioco tramite il loro testo.

La produzione: aneddoti e passione

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Nonostante SuperGiant Games non sia una grande major, ogni dettaglio artistico dei suoi titoli è ben curato. Soprattutto quello musicale. Fonte: “Screenshot in game”

La storia della produzione musicale di Transistor, così come di Bastion, i primi due titoli sviluppati da SuperGiant Games è piuttosto particolare, specie se si prende in considerazione la portata effettiva dell’azienda di cui si parla. Si potrebbe definire SuperGiant Games come uno studio di sviluppo indipendente, senza un grosso publisher alle spalle. Proprio per questo, anche i mezzi e i termini con cui viene composta ed eseguita la colonna sonora non sono ragionevolmente gli stessi di un The Witcher 3.

Tuttavia, a voler mettere su degli ideali piatti per la bilancia cose come disponibilità di mezzi e luoghi e artisti, consulenti e personale aggiunto in confronto con sensibilità artistica, capacità tecnica e bravura compositiva, a voler ben vedere questi ultimi elementi riescono ad eguagliare, a tratti, i primi finendo con il soddisfare l’udito al pari di una grande orchestra. Non a caso, ciò viene detto perché Korb e Barrett non posseggono gli stessi strumenti di un grande studio ma questo ovviamente non li ferma (come succede come ogni loro titolo, dotato di un comparto sonoro magistrale) dal creare autentiche perle che non hanno nulla da invidiare a produzioni ben più pingui di denaro e mezzi.

Ed è per questo che lavorando sul mood e intersecando per bene la moodboard con una sensibilità artistica particolare che Ashley Barrett e Darren Korb si sono dimostrati di aver creato un “old-world electronic Post-rock”, basato su scelte strumentali ben precise. Grazie a chitarre ma anche arpe, mandolini, fisarmoniche, piano e sintetizzatore esprimono al meglio il mashup di generi a cui la colonna sonora fa riferimento.

E il tutto, proprio in virtù della mancanza di mezzi, è stato prodotto in casa, in collaborazione con Ashley Barrett, che ha fornito le tracce vocali che possiamo sentire all’interno di Transistor, le quali sono state registrate… all’interno dello sgabuzzino di casa di Korb.

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