RISPONDIAMO AI LETTORI – A chi piacciono ancora le loot box? Il caso Diablo Immortal

Periodicamente riemergono dalle nebbie dei videogiochi alcune questioni: le loot box sono sicuramente uno degli argomenti più caldi degli ultimi anni. Un argomento che si è arroventato con l’arrivo di Diablo Immortal.

Per chi fosse rimasto un po’ indietro, Diablo Immortal è il nuovo gioco pubblicato da Activision Blizzard nell’universo di Diablo e destinato ai dispositivi mobile e ai PC. Come ormai la stragrande maggioranza dei prodotti destinati a questo settore del mercato, all’interno delle dinamiche di Diablo Immortal ci sono ovviamente delle cose assimilabili alle loot box.

RISPONDIAMO AI LETTORI - A chi piacciono ancora le loot box? Il caso Diablo Immortal
RISPONDIAMO AI LETTORI – A chi piacciono ancora le loot box? Il caso Diablo Immortal (foto: Youtube)

Ma, a seconda di come guardate la faccenda, ci sono almeno due Paesi europei che sono stati graziati o esclusi dall’uscita del nuovo gioco Activision Blizzard. A chiederci un parere su questa strana anomalia e la spiegazione data per l’impossibilità di scaricare il gioco in questi due Paesi è stato un nostro lettore che attraverso i messaggi privati di Facebook ci ha linkato la discussione su reddit accompagnandola con una serie di faccine che si sbellicavano.

Loot box, azzardo o non azzardo: questo è il problema di Diablo Immortal

Ormai sembra non esserci gioco per smartphone e tablet che non contempli una qualche forma di contenuti aggiuntivi distribuiti in forma assolutamente casuale per cercare di avere i quali si trasformano soldi veri in fantasiose monete di reami inventati. L’ultimo in ordine di tempo tra i titoli più grossi di questo settore è ovviamente Diablo Immortal. L’uscita del gioco arriva tra l’altro a ridosso di un nuovo report messo insieme dal Norwegian Consumer Council con l’ausilio di 20 gruppi di consumatori sparsi in 18 Paesi europei in cui si esamina proprio la storia e l’attuale situazione riguardo le loot box.

RISPONDIAMO AI LETTORI - A chi piacciono ancora le loot box? Il caso Diablo Immortal
RISPONDIAMO AI LETTORI – A chi piacciono ancora le loot box? Il caso Diablo Immortal (foto: Youtube)

Vi diciamo subito che dal report le loot box non escono bene. Già a partire dal titolo in cui si ritrova l’utilizzo del termine “sfruttare” è chiaro come ci sia un problema che riguarda questo genere di contenuti, che sembrano ormai imprescindibili nei titoli free to play che trovano in questi sistemi il modo di sopravvivere. Prima di passare ad un esame di ciò che è venuto fuori dal report, vogliamo chiudere la parentesi aperta a riguardo Diablo Immortal. Su reddit infatti il lungo post firmato “Gamemaster Gronnfindel” in poche parole dichiara che a causa delle “restrizioni al gioco d’azzardo” che sono state attuate nei Paesi Bassi e in Belgio e che ritengono “contrarie alla legge” anche le loot box il gioco non può essere distribuito.

Sempre nello stesso posto il suggerimento è quello di provare a passare da altri Paesi, scaricando per esempio il gioco dalla Francia con la rassicurazione anche che nel caso in cui venissero effettivamente utilizzati mezzi sotterranei per poter giocare, leggi una VPN, nessuno verrebbe bandito. A prescindere da quello che si può pensare di questo messaggio è chiaro che almeno a livello ufficiale Diablo Immortal non può essere venduto in Belgio e nei Paesi Bassi a causa dell’assimilazione delle loot box ai sistemi di gioco d’azzardo. E veniamo adesso a ciò che è venuto fuori dal Report del Norvegian Consumer Council.

È innegabile, ed è una informazioni che si ritrova anche nella introduzione del report, che le loot box siano un sistema con cui l’industria dei videogiochi fattura miliardi. Ma il modo in cui questi miliardi vengono fatturati è ora sempre più spesso al centro di discussioni. Anche perché , e non nascondiamoci dietro un dito, le raccomandazioni e i rating dei videogiochi non impediscono che i bambini al disotto dell’età legale creino un account su uno smartphone o su un computer e giochino spendendo poi soldi veri in cose scintillanti che potrebbero o non potrebbero ottenere senza nessun tipo di filtro o di controllo.

Probabilmente, ed è questo forse l’insegnamento più grande che si dovrebbe trarre dal report, se le loot box fossero più trasparenti nei loro sistemi non ci sarebbe bisogno di assimilarle alle bische clandestine. Se avete mai scaricato un gioco sul cellulare di quelli che contengono “acquisti in app” non fatichiamo a immaginarci che vi sarete trovati almeno una volta di fronte ad alcune schermate scintillanti con messaggi che vi invitavano a tentare la fortuna acquistando per pochi centesimi di moneta reale biglietti o ticket o scatole o pacchetti o uova o semi magici in cui avevate più o meno possibilità di trovare un personaggio o un accessorio imperdibile. Questi sistemi molto aggressivi sono quello che fa scattare di più la comprensibile rabbia delle associazioni e le conseguenti ganasce legislative.

Dal nostro punto di vista privilegiato non possiamo non renderci conto che c’è almeno una parte dell’industria che si sta spostando massicciamente proprio verso questi sistemi, in cui si crea un videogioco gratuito o comunque a un prezzo inferiore a un gioco completo per poi fare cassa attraverso microtransazioni legate non all’acquisto di accessori e cosmetici scelti con cognizione di causa ma di pacchetti random in cui le possibilità di trovare effettivamente qualcosa che possa rendere il gioco migliore o più interessante sono infinitesimali.

A nostro avviso però non è un buon modo per sviluppare un videogioco, soprattutto perché presta il fianco a discussioni in cui legislatori poco accorti o magari pronti a cavalcare l’onda del sensazionalismo del momento rischiano poi di mettere in piedi impalcature legislative che finiscono col colpire developer che invece lavorano alla luce del sole creando prodotti di spessore e non giganteschi spot pubblicitari.

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