RECENSIONE: Moss Book II – emozionarsi come bambini

Un viaggio che riprende da dove si era interrotto, una esperienza in realtà virtuale che ci ha fatto emozionare come non accadeva da tempo: Moss: Book II ha appena alzato e di molto l’asticella di cosa bisogna pretendere dai giochi per PSVR.

L’utilizzo della realtà virtuale è un cammino insidioso che rischia di trasformare la tecnologia in una stampella per esperienze povere e dello stesso spessore di un foglio di carta. I ragazzi del team Polyarc sono invece riusciti a trovare una motivazione per indossare il visore (che non è proprio la cosa più comoda del mondo) che vada oltre la resa estetica d’impatto e gli effetti speciali.

RECENSIONE: Moss Book II - emozionarsi come bambini
RECENSIONE: Moss Book II – emozionarsi come bambini (foto: Sony)

Mentre giocavamo aiutando la protagonista Quill ad attraversare il castello e tutto ciò che c’è intorno per sconfiggere una volta per tutte il male abbiamo passato un tempo decisamente lungo a guardarci intorno e a scoprire, infilando letteralmente il naso nel gioco, tutti i segreti e i piccoli tocchi che fanno di Moss: Book II non solo probabilmente il miglior gioco per PSVR di quest’anno ma anche uno dei migliori giochi in generale tra le esclusive PlayStation. C’è qualche minima sbavatura ma non ci interessa, quello che ci interessa è l’esperienza e qui l’esperienza ci ha fatto gridare sottovoce come bambini a Disneyland.

Moss: Book II, quando BELLO non rende l’idea

L’esperienza con il visore PSVR è principalmente una esperienza solitaria. Sullo schermo della TV chi si trova intorno al giocatore vede ciò che viene proiettato nel visore stesso ma ovviamente non c’è lo stesso impatto. Non vi vogliamo spoilerare nulla ma vi raccontiamo lo stesso del nostro primo incontro con una parte del percorso che si svolge all’interno di una palude in cui poi incontreremo un gigantesco rospo, a modo suo gentile.

RECENSIONE: Moss Book II - emozionarsi come bambini
RECENSIONE: Moss Book II – emozionarsi come bambini (foto: Sony)

Il percorso di Quill si snodava davanti a noi in maniera piuttosto lineare anche se, sfruttando la posizione in cui noi, ovvero il lettore, eravamo messi c’erano alcune propaggini che ci si avvicinavano. Quello che però è stato meraviglioso, è stato scoprire tutto quello che c’era dietro sopra sotto e intorno alla piattaforma su cui la piccola protagonista avrebbe dovuto camminare. Dietro la piattaforma abbiamo scorto due cervi intenti a brucare, dietro le nostre virtuali spalle c’erano grossi tronchi e rami che salivano verso un cielo stellato in cui, spostandoci un po’ siamo riusciti a scorgere addirittura la luna. I ragazzi di Polyarc ci hanno stregato. Nonostante l’apparenza però, Moss: Book 2 non è un gioco da giocare con i più piccoli.

Non soltanto perché il PSVR non può essere indossato al di sotto dei 12 anni (ed è una raccomandazione che ci sentiamo di sottolineare dato che si tratta di una esperienza molto pesante a carico degli occhi e del collo). Manca poi il doppiaggio italiano il che significa che nei momenti in cui personaggi dialogano tra loro e ci viene raccontata la storia, l’audio è in inglese con i soli sottotitoli che scorrono in maniera autonoma e occorre essere abbastanza veloci nella lettura se non si ha una buona comprensione orale della lingua.

Un altro aspetto molto particolare del gioco è il fatto che a meno dei momenti in cui Quill parla con gli altri personaggi del racconto, quando si rivolge a noi utilizza solo una serie di gesti che vanno interpretati e che trasmettono un’ampia gamma di sentimenti, dall’euforia alla paura fino alle richieste di attenzione spazientite. In un tentativo goffo di superare una parte della palude abbiamo inavvertitamente lasciato che Quill affogasse e quando è riapparsa si è da prima scrollata il pelo come a volersi togliere di dosso l’acqua e poi chi ha fatto l’inequivocabile gesto del “andiamoci piano eh!”. Se non è un guizzo di genio questo. Terzo, i nemici spuntano a frotte all’improvviso e sono sorprendentemente complicati, altro segnale questo che il gioco è rivolto a un pubblico se non adulto quantomeno adolescente andante. E, con la saggezza dell’esperienza, si riesce anche a sfruttare il fatto di non essere la protagonista ma di accompagnarla.

Se volessimo trovare un piccolo neo in questo mondo lussureggiante tra architetture medievali con vetrate da cui filtra la luce e addirittura danza il pulviscolo, potremmo dirvi che sulla PS4 su cui abbiamo giocato i caricamenti tra una pagina e l’altra, ovvero tra un segmento e l’altro del gioco, ci hanno lasciato per qualche secondo di troppo con uno straniante schermo nero ma sappiamo perfettamente che si tratta non tanto di un problema del gioco di per sé quanto del fatto che l’architettura della console su cui l’abbiamo provato non è quella dei modelli più recenti.

Quando abbiamo finito la nostra prova tornare al mondo reale è stato un po’ complicato soprattutto perché veramente ci è sembrato di trovarci a Disneyland: il team di sviluppo non ha puntato sul realismo estremo ma ha mantenuto lo stile cartoonesco, perfetto in ogni dettaglio di quello che, volendo fare un altro parallelo, ci è sembrato un gigantesco diorama da esplorare.

Considerazione a margine: probabilmente se gli sviluppatori di esclusive PlayStation puntassero in blocco (ma con criterio) proprio sui giochi per il visore che è un accessorio al momento mancante per Xbox, Sony si taglierebbe una fetta di mercato inattaccabile.

VOTO 10+

PRO

  • L’uso narrativo della tridimensionalità
  • Gli enigmi
  • La storia

CONTRO

  • Se li trovate avvisate…

 

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